giovedì 8 maggio 2008 - Pubblicazione a cura di
Responsabilità assistenti di Polizia di Stato, D.P.R. 28\10\1985 n°782
N. 01073/2008 REG.SEN.
N. 00516/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 516 del 2007, proposto da:
M.L., rappresentata e difesa dagli avv. G. S. G., N. P., con domicilio eletto presso avv. N. P. in Bari, presso lo studio dell’avv. S. L. via (omissis);
contro
Ministero dell'Interno, -Dipartimento Pubblica Sicurezza, Questura di Foggia, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale Bari, domiciliata per legge in Bari, via Melo, 97;
per l'annullamento
del decreto n. 333-D/80496 emesso il 15.11.2006 dal Capo della Polizia Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, notificato in data 17.01.2007, col quale è stato respinto il ricorso gerarchico proposto in data 10.02.2006 dalla sig. M.L. avverso il provvedimento 121/2.8 del 02/01/2006 del Questore di Foggia, con il quale veniva alla medesima inflitta la sanzione disciplinare del richiamo scritto;
del provvedimento del Questore di Foggia n. 121/2.8 del 02/01/2006 con il quale veniva inflitta la sanzione disciplinare del richiamo scritto;
di ogni ed altro atto antecedente, conseguente, presupposto o comunque connesso a quelli impugnati.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno –Dipartimento Pubblica Sicurezza;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Questura di Foggia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 08/04/2008 il dott. Gianluca Rovelli e uditi per le parti i difensori presenti come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
In data 29.11.2005, alla ricorrente, assistente della Polizia di Stato, veniva notificata la nota di addebiti disciplinari 6639/2.8 datata 25.11.2005 che ipotizzava a suo carico la fattispecie, rilevante ai fini disciplinari, della grave negligenza in servizio prevista dall’art. 4 n. 10 del d.p.r 737/1981. La contestazione scaturiva dalla segnalazione inoltrata al Questore il 6 settembre 2005 dal dirigente della squadra mobile della questura di Foggia, secondo cui nel corso di un servizio di tutela personale, svolto a beneficio di un aspirante collaboratore di giustizia sottoposto agli arresti domiciliari e provvisoriamente collocato in un albergo della provincia, la ricorrente, unitamente al proprio superiore, Vice sovrintende C.V., consentiva all’arrestato di uscire dall’albergo in cui si trovava per effettuare una consumazione in un bar nelle vicinanze. Il procedimento, a seguito delle giustificazioni presentate dalla ricorrente, si concludeva con la sanzione disciplinare del richiamo scritto.
Avverso il provvedimento disciplinare, veniva proposto ricorso gerarchico al Capo della polizia, il quale lo rigettava con decreto n. 333-D/80496 del 15.11.2006.
Il citato provvedimento veniva impugnato e venivano dedotte articolate censure di seguito sintetizzabili:
violazione e falsa applicazione degli articoli 8 e 43 del d.p.r. 28.10.1985 n. 782, eccesso di potere per difetto di istruttoria, erroneità e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità e contraddittorietà manifesta;
violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 43 del d.p.r. 28.10.1985 n. 782, eccesso di potere per difetto di istruttoria, erroneità e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità e contraddittorietà manifesta sotto altro profilo;
violazione ed erronea applicazione dell’art. 3 n. 2 del d.p.r. 737/1981 nonché dell’art. 3 della L. 241 del 1990, eccesso di potere per difetto di istruttoria, erroneità e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità e contraddittorietà manifesta sotto altro profilo.
Si costituivano le amministrazioni intimate chiedendo il rigetto della domanda proposta
In data 26.03.2008, la difesa della ricorrente depositava memoria difensiva.
Alla udienza pubblica dell’8 aprile 2008, il ricorso passava in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato.
I motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente dato che la difesa della ricorrente fa perno in sostanza sulla sua assoluta mancanza di responsabilità, sulla imputabilità dell’accaduto al suo superiore gerarchico ed in generale sulla approssimazione con la quale era stato organizzato il servizio.
I provvedimenti impugnati vengono censurati sia per violazione di legge sia per eccesso di potere sotto diversi profili. Sarebbero in particolare stati violati gli artt. 8 e 43 del d.p.r. 28.10.1985 n. 782 perché, data la delicatezza dei compiti affidati alla ricorrente ed al suo superiore, non sarebbero state sufficienti mere istruzioni verbali bensì necessitavano consegne scritte. I fatti poi, si sarebbero verificati, senza che alla ricorrente potesse muoversi alcun rilievo dato che la sua condotta era consistita in null’altro che attenersi a ordini che, in assenza di specifiche disposizioni contrarie, non potevano certo essere contestati. Di qui la violazione dell’art. 8 del d.p.r. 28.10.1985 e di conseguenza, anche dell’art. 3 n. 2 del d.p.r. 737 del 1981, dato che il comportamento della ricorrente non integra gli estremi della negligenza in servizio.
Le contestazioni mosse dalla ricorrente al provvedimento sono, nella sostanza, riproduttive di quelle già contenute nel ricorso gerarchico presentato al capo della polizia e rigettato con il decreto impugnato. Ne consegue la ammissibilità del ricorso in quanto non si rinvengono motivi nuovi rispetto a quelli dedotti nel ricorso gerarchico. L’indicazione delle disposizioni di legge che si assumono violate ad avviso del collegio non equivale alla proposizione di nuovi motivi in sede di ricorso giurisdizionale che sarebbero inammissibili per costante giurisprudenza ( v. da ultimo Cons. Stato sez IV, 11.04.2007 n. 1603).
Ciò premesso, le censure sono fondate e meritano accoglimento.
Come risulta dall’analisi degli atti ed in particolare dalla memoria depositata dalla ricorrente in data 26.03.2008, i fatti sono stati oggetto di esame anche in sede di procedimento penale e, il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Foggia ha emesso decreto di archiviazione accogliendo la richiesta del pubblico ministero.
Le conclusioni cui è pervenuto il giudice penale, muovono dall’accertato presupposto di fatto secondo cui la ricorrente non poteva essere a conoscenza che il soggetto da vigilare fosse sottoposto a detenzione domiciliare.
Orbene, se è incontestabile che l’amministrazione in materia di sanzioni disciplinari, anche nel caso in cui il procedimento penale, relativo a fatti di reato ascritti ad un dipendente, si sia concluso con un decreto di archiviazione del giudice per le indagini preliminari, possa comunque assumere quei fatti a presupposto dell'azione disciplinare, purché proceda alla autonoma valutazione della loro rilevanza disciplinare, è altrettanto vero che la valutazione dell’amministrazione sia censurabile allorché, come nel caso di specie, essa sia evidentemente viziata per la erronea valutazione dei presupposti.
Ricorda inoltre il collegio, che nell’ambito del procedimento disciplinare devono essere tenuti anzitutto in debito conto i principi fondamentali contenuti nell’art. 1 del d.p.r. n. 737 del 25.10.1981 che recita:
“L'appartenente ai ruoli della Amministrazione della pubblica sicurezza che viola i doveri specifici e generici del servizio e della disciplina indicati dalla legge, dai regolamenti o conseguenti alla emanazione di un ordine, qualora i fatti non costituiscano reato, commette infrazione disciplinare ed è soggetto alle seguenti sanzioni:
1) richiamo orale;
2) richiamo scritto;
3) pena pecuniaria;
4) deplorazione;
5) sospensione dal servizio;
6) destituzione.
Le predette sanzioni devono essere graduate, nella misura, in relazione alla gravità delle infrazioni ed alle conseguenze che le stesse hanno prodotto per la Amministrazione o per il servizio.
Il provvedimento che infligge la sanzione deve essere motivato”.
La disposizione, con un dettato estremamente chiaro, contiene in sé i principi fondanti della responsabilità disciplinare e richiama il presupposto fondamentale alla base dell’accertamento dell’illecito disciplinare e cioè la violazione dei doveri specifici e generici del servizio indicati dalla legge, dai regolamenti o da un ordine.
Nel caso di specie, non è dato rinvenire proprio il presupposto fondamentale per la irrogazione della sanzione e cioè la violazione dei doveri del servizio da parte della ricorrente.
Sono fondate quindi le censure dedotte avverso i provvedimenti impugnati, sia sotto il profilo dell’eccesso di potere, sia per la violazione delle disposizioni regolamentari dedotte dalla difesa della ricorrente.
Il ricorso deve quindi essere accolto
Le spese seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, sezione seconda, accoglie il ricorso in epigrafe e per l’effetto annulla gli atti impugnati.
Condanna il Ministero dell’Interno alle spese del presente giudizio in favore della ricorrente nella misura di € 3.000/00 (tremila/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 08/04/2008 con l'intervento dei Magistrati:
Pietro Morea, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Gianluca Rovelli, Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/05/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO