giovedì 8 maggio 2008 - Pubblicazione a cura di Francesco Morelli
Se l’imputato è legittimamente impedito a partecipare al processo, per una sopravvenuta detenzione non comunicata al giudice, vi è nullità della sentenza così determinata.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE VI PENALE
Sentenza 4 febbraio – 6 marzo 2008, n. 10394
(Presidente De Roberto – Relatore Serpico)
Osserva
Sull'appello proposto da B. M., M. A. detto "A.", e . A., alias A. avverso la sentenza del Tribunale monocratico di Torino del 22-6-2005 che li aveva dichiarati colpevoli dei reati loro rispettivamente ascritti di acquisto e, detenzione a fine di spaccio di stupefacenti,anche in continuazione e, con l'attenuante di cui al co. V dell'art,73 Dpr 309/90 per il I e con le attenuanti generiche per il III, li aveva condannati alle pene principali ed accessorie rispettivamente ritenute di giustizia, la Corte di Appello di Torino, con sentenza del 16-5-2006, in accoglimento della richiesta ex art. 599 cpp. fatta dal I, riduceva per costui, secondo l'accordo, la pena inflitta e riduceva la pena anche nei confronti del secondo e del terzo, avuto riguardo alla novella relativa alla misura della pena in subiecta materia, confermando, nel resto la decisione impugnata,
Avverso detta sentenza gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, deducendo a rispettivi motivi del gravame, sostanzialmente ed in sintesi:
B.
Manifesta illogicità e carenza di motivazione in ordine alla sussistenza del fatto contestato , senza che fossero stati indicati gli elementi correttamente escludenti l'ipotesi di cui all'art. 129 cpp. se non in via veramente approssimativa e superficiale;
M.:
I) Inosservanza di norme stabilite a pena di nullità-violazione dell'art. 179 lett. c) cpp. e nullità del dibattimento di I grado. Sul punto si eccepisce la nullità del giudizio di I grado siccome celebrato in contumacia dell'imputato (dichiarato latitante in data 11-10-02 rispetto all'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa a suo carico dal Gip del Tribunale di Torino in data 23-7-02), nonostante che lo stesso fosse stato tratto in arresto (per altra causa) in data 23-7-04, rimanendo poi ristretto in carcere per tutta la successiva durata del dibattimento (iniziato il 22-6-04), fino alla pronuncia della sentenza di condanna appellata, senza che venisse dichiarata la cessazione dello stato di latitanza, cessazione che avrebbe dovuto essere tempestivamente comunicata al Tribunale per l'adozione dei provvedimenti conseguenti, ex art. 94 disp. att. cpp. Di qui la conseguente nullità di ordine generale ex art. 178 co. I lett. c) cpp.con evidente compromissione del diritto dell’imputato alla partecipazione al giudizio a suo carico, impedita dal suo sopravvenuto stato di detenzione anche se relativo a diverso procedimento; 2) Manifesta illogicità della motivazione in violazione dell'art. 606 lett. c) cpp.,per carenza di comprovate ragioni supportanti il giudizio di colpevolezza, in termini di riferibilità all'imputato delle conversazioni incriminate ed intercettate;
M.:
Carenza ed erroneità della motivazione circa la misura la continuazione agli effetti della determinazione del natorio.
I ricorsi del I e del III imputato sono manifestamente infondati e vanno dichiarati inammissibili, con la conseguente condanna dei predetti in solido al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma equitativamente determinata nella misura di Euro millecinquecento/00= alla cassa delle ammenfe.
Ed invero, la doglianza dedotta dal I ricorrente trova ampia ed incontrovertibile smentita dagli elementi analiticamente evidenziati a suo carico in punto di comprovato supporto accusatorio che il giudice di I grado ha puntualmente enunciato, legittimando la comprovata e motivata esclusione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cpp. a fronte della richiesta di determinazione della pena ex art. 599 co. 4^ cpp., integralmente accolta in sentenza impugnata, con espressa rinuncia ad ogni altro motivo di gravame (cfr. foll. 13 sentenza impugnata).
Del pari manifestamente infondato il ricorso del terzo imputato, posto che, a prescindere da non secondari caratteri di sostanziale carenza di specificità della doglianza, quest'ultima trova smentita dal corretto calcolo di aumento per effetto della continuazione già contestata e, peraltro, non messa in discussione, apparendo il calcolo, condotto in proposito dai giudici della Corte territoriale torinese, improntato a corretti criteri di determinazione del relativo trattamento sanzionatorio nei termini edittali di cui all'art. 81 cp. ed adeguatamente motivato, come risulta dal testo dell'impugnata sentenza ( cfr. foll. 20 e 21).
Fondato è il motivo sub I) del ricorso del M. A. (detto X.), posto che la risposta offerta all'eccezione difensiva dai giudici della Corte di Appello torinese (cfr. foll. 14-15-16 sentenza impugnata)non può ritenersi corretta in rapporto ad una esatta lettura dell'art. 420 ter co. I e III cpp., segnatamente riferita al legittimo impedimento a comparire dell'imputato. La risposta offerta in sentenza, infatti, si risolve in una semplicistica conclusione di rigetto dell'eccezione che erroneamente prescinde dall'incontestabile e sorprendente carenza di tempestività di comunicazione dell'intervenuto arresto dell'imputato all'A.G. procedente, omissione comunque non imputabile a costui in uno alla relative conseguenze di compromissione del suo diritto di difesa.
L'impugnata sentenza, infatti, ha del tutto trascurato la determinante portata dell'art. 94 disp. att. cpp. in relazione all'obbligo della Autorità penitenziaria presso cui il latitante, poi tratto in arresto,si e "appoggiato", di dare immediata comunicazione di tale arresto all'A.G. procedente, dopo l'espletamento degli adempimenti di cui all'art. 349 cpp. Tanto non risulta sia avvenuto in costanza dello sviluppo del giudizio di I" grado, dopo la dichiarazione di contumacia dell'imputato per il suo accertato (in origine) stato di latitanza, senza che questo fosse stato giammai revocato, con conseguente riflesso sulla sua posizione in sede di dibattimento di I grado, come era doveroso operare agli effetti di Una corretta lettura della normativa in materia.
In proposito, esattamente il ricorrente, in subiecta materia, deduce che deve escludersi la sussistenza, a carico dell'imputato detenuto ancorché per fatti attinenti procedimento diverso da quello cui si riferisce la citazione a comparire, di un onere di tempestiva comunicazione al giudice, davanti al quale è citato a comparire, del suo stato di detenzione.
Di qui l'impedimento legittimo dell'imputato a comparire per il suo sopravvenuto stato di detenzione, non comunicato all'A.G. per inammissibile ritardo da parte dell'autorità a tanto preposta, in evasione all'obbligo di cui all'art. 94 disp. att. cpp. di portare a conoscenza del giudice procedente del sopravvenuto stato di detenzione dell'imputato e dell'obbligo La parte di tale giudice di provvedere, ex art.486 co.I e III cpp., con revoca della contumacia per cessazione dello stato di latitanza e conseguente possibilità di partecipazione ed intervento all'udienza innanzi a tale A.G. da parte dell'imputato, del tutto incolpevole della mancata o ritardata comunicazione del suo intervenuto arresto a conclusione del suo pregresso stato di latitanza.
Unica condizione all'operato del giudice procedente rispetto a tale sopravvenuto fatto modificativo della pregressa situazione legittimante la declaratoria di contumacia è il fatto che il legittimo impedimento risulti oggettivamente accertato, come il ricorrente ha documentalmente dimostrato in rapporto all'epoca dei fatti rilevanti in proposito.
La denunciata violazione dell'art. 178 lett. c) cpp. comporta la nullità del giudizio di I grado e del relativo giudizio di appello, con conseguente annullamento delle rispettive sentenze e trasmissione degli atti al Tribunale di Torino per nuovo giudizio. L'esame del motivo sub 2) è assorbito dall'accoglimento del motivo sub I).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata da M. A., nonché la sentenza del 22-6-05 del Tribunale di Torino nei confronti del medesimo e dispone trasmettersi gli atti al predetto Tribunale per nuovo giudizio.
Dichiara inammissibili i ricorsi di B. M. e di M. A. e condanna i predetti ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali e ciascuno alla somma di Euro millecinquecento/00 alla cassa.