giovedì 8 maggio 2008 - Pubblicazione a cura di Francesco Morelli
Calunnia – assegno bancario - falsa denuncia di smarrimento - appropiazione di cose smarrite – necessaria querela - insussistenza – ricettazione o furto - sussistenza [art. 368 c.p.]
Commette il reato di calunnia il soggetto che, per bloccare la circolazione di un assegno, ne denuncia falsamente lo smarrimento: infatti, con tale condotta il denunciante incolpa taluno, ancorché non identificato ma identificabile, del reato di furto o ricettazione, pur sapendolo innocente.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE VI PENALE
Sentenza 20 dicembre 2007 – 24 gennaio 2008, n. 3922
(Presidente Agrò – Relatore Serpico)
Osserva
Avverso la sentenza in data 4-11-2005 con la quale il Gip presso il Tribunale di Napoli aveva dichiarato non luogo a procedere perché il fatto non sussiste nei confronti di B. F. in ordine al reato di cui all’art. 368 c.p. per avere, con falsa denuncia di smarrimento di assegno bancario, incolpato, pur sapendolo innocente, il giratario del titolo del reato di furto o ricettazione di tale assegno, il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Napoli ed il P.M. presso il locale Tribunale hanno proposto ricorso per cassazione, dopo che i rispettivi appelli erano stati dichiarati inammissibili dalla Corte di Appello napoletana ex art. 10 legge 46/06 con ordinanza dell'11-10-06, deducendo a monocorde motivo di gravame la violazione dell’art. 606 lett. b) e c) c.p.p., per erronea applicazione dell'art. 368 c.p. avuto riguardo anche al costante indirizzo del giudice di legittimità in materia, pacifico essendo che, con la falsa denuncia di smarrimento del titolo, si incolpi taluno, ancorché non identificato ma identificabile, del reato di furto o ricettazione dell'assegno falsamente denunciato smarrito e, pertanto, nella consapevolezza dell'incolpazione di taluno di un delitto, pur sapendolo innocente.
I ricorsi sono fondati e, proponendo censure di mero diritto, impongono, una rivisitazione della questione da parte dell'A.G. procedente in sede di giudizio di merito.
Ed invero, come del resto lo stesso decidente ha sottolineato nella propria consapevole dissonanza rispetto al consolidato indirizzo di questo giudice di legittimità, la questione impone una corretta valutazione dell'idoneità o meno della denuncia di smarrimento di un assegno bancario a costituire presupposto di un reato perseguibile di ufficio a carico del prenditore e/o giratario del titolo denunciato smarrito, agli effetti della configurabilità, in pregiudizio del detto soggetto, del delitto di calunnia, stante l'accertata falsità della denuncia di smarrimento dell’assegno, con conseguente consapevolezza della innocenza dell'incolpato.
Il punto, com'è noto, questa Carte di legittimità ha sottolineato ripetutamente che la falsa denuncia di smarrimento di un assegno costituisce ipotesi di rappresentazione di un valido espediente per bloccare la circolazione del titolo e/o del suo pagamento ed il denunciante non può che essere consapevole di simulare una circostanza idonea a far sì che il soggetto, al quale ha trasmesso l'assegno e che in buona fede lo girerà o lo presenterà all’incasso, potrà essere perseguibile d'ufficio per furto aggravato o per ricettazione, sicché la simulazione in parola non si esaurisce in tracce di un reato meramente perseguibile a querela (ad es. ex art. 647 c.p. l’appropriazione di cose smarrite), che, ove non proposta, non fa sorgere, comunque, a carico della persona implicitamente individuabile, la procedibilità per detto reato e quindi un procedimento penale, con la conseguente esclusione del delitto di calunnia, come erroneamente ritenuto dal Gip con la sentenza impugnata.
Non è pertanto il reato di cui all'art. 647 c.p. quello di cui si incolpa "falsamente e scientemente" il giratario per l'incasso di un assegno falsamente denunciato smarrito, quanto piuttosto il reato di ricettazione del titolo, ove, come nella specie, il reato presupposto può essere alternativamente o congiuntamente altra ipotesi delittuosa, a prescindere dall'incolpazione anche indiretta di una persona che, ancorché espressamente non indicata, sia tuttavia individuabile, come nella specie, in modo implicito, quanto inequivoco (cfr. tra le altre, Cass. pen. Sez. VI, 16-9-03 n. 37017, Russo; idem, 18-6-03, n 26110, Monachino, ibidem, 1-6-01, n. 22636, Macrì).
S'impone pertanto l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuova deliberazione al Tribunale di Napoli, in persona di giudice diverso da quello che ha pronunciato la sentenza annullata, ex art. 623 c.p.p., lett. d).
P.Q.M.
La Corte annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuova deliberazione al Tribunale di Napoli.