lunedì 21 aprile 2008 - Pubblicazione a cura di
Appalti di rilevanza comunitaria e responsabilità aquiliana della p.a. appalto-concorso, procedure ad evidenza pubblica, risarcimento del danno calcolato in base alla perdita di chance patita
N. 00934/2008 REG.SEN.
N. 00489/1999 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 489 del 1999, proposto da XXX s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti F. B. e S. P., con domicilio eletto presso il secondo in Bari, via (omissis);
contro
Comune di (omissis), non costituito in giudizio;
nei confronti di
YYY s.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. T. R. B., con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via (omissis);
per l'annullamentoprevia sospensione dell'efficacia,
- della deliberazione della Giunta del Comune di (omissis) n. 1239 del 15.12.1998, con la quale è stato aggiudicato alla +++ s.r.l. l’appalto per la fornitura di due autobus per il trasporto urbano;
- ove occorra, dei verbali di gara nonché della deliberazione della Giunta comunale n. 708 del 7.7.1998, recante l’indizione della gara e l’approvazione del capitolato d’appalto, del bando di gara e della lettera d’invito;
e per il risarcimento del danno ingiusto conseguente alla mancata aggiudicazione, nella misura pari alla differenza tra il costo di acquisto o di produzione degli automezzi offerti ed il prezzo offerto all’Amministrazione dalla ricorrente.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Città Servizi s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 marzo 2008 il dott. Savio Picone e udito per la ricorrente l’avv. R., delegato dall’avv. P.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Il Comune di (omissis), con deliberazione della Giunta comunale n. 708 del 7.7.1998, indiceva un appalto-concorso per la fornitura di due autobus per il trasporto urbano di persone, approvando contestualmente il bando ed il capitolato di gara, per un importo totale presunto di Lire 720.000.000.
Il capitolato prevedeva, con estremo dettaglio, le caratteristiche tecniche degli automezzi: dimensioni, motori, freni, cambio, rivestimenti, numero di posti, verniciatura, accessori. Le offerte dovevano comporsi di una parte economica e di una parte tecnica, che sarebbero state valutate dalla commissione di gara all’uopo istituita.
Tra le ditte destinatarie della lettera d’invito del 10.10.1998, presentavano offerta la YYY s.r.l. e la ricorrente XXX s.p.a.
La commissione di gara, riunitasi nelle sedute del 20.11.1998 e del 4.12.1998, deliberava di proporre l’aggiudicazione alla YYYs.r.l., nonostante quest’ultima avesse offerto un prezzo più elevato (pari complessivamente a Lire 690.720.000, i.v.a. inclusa), così motivando: “… In definitiva la Commissione ritiene che la differenza di prezzo fra i due veicoli offerti sia più che giustificata dalle differenze di caratteristiche tecnico – funzionali – estetiche, con riferimento in particolare alla maggiore disponibilità di potenza del motore IVECO, alla migliore accessibilità garantita dalla presenza della 3° porta doppia, alla minore rumorosità, al migliore comfort per i passeggeri dovuto ad un più adeguato sistema di ammortizzatori, al maggiore comfort di guida per l’autista ed in ultima analisi anche al design più moderno nel caso del veicolo proposto da YYY s.r.l.”.
La Giunta del Comune di (omissis) disponeva perciò l’aggiudicazione della fornitura alla YYY s.r.l. con l’impugnata delibera n. 1239 del 15.12.1998, della quale la ricorrente chiede l’annullamento deducendo:
1) Violazione dell’art. 16 del d. lgs. n. 358/1992 ovvero dell’art. 24 del d. lgs. n. 158/1995; violazione dell’art. 56 della legge n. 142/1990; eccesso di potere per motivazione insufficiente ed elusiva; violazione dei principi validi in tema di procedimenti di evidenza pubblica;
2) Incompetenza relativa; violazione dell’art. 51 della legge n. 142/1990;
3) Violazione dell’art. 55 della legge n. 142/1990.
Si è costituita la sola controinteressata +++s.r.l., eccependo la tardività delle censure attinenti al bando di gara ed alla lettera d’invito nonché l’infondatezza degli altri motivi.
Alla pubblica udienza del 13 marzo 2008 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Deve essere prioritariamente esaminato il motivo di ricorso attinente all’incompetenza della Giunta comunale rispetto all’adozione di atti di gestione e, in particolare, all’aggiudicazione dell’appalto in esito alla procedura di evidenza pubblica.
Il motivo è fondato.
All’epoca dei fatti in esame, non era dubbio che l’approvazione degli atti di gara spettasse ai dirigenti comunali. La disposizione contenuta nell’art. 51, comma terzo, della legge 8 giugno 1990, n. 142 (secondo cui spettava ai dirigenti “secondo le modalità stabilite dallo statuto, la presidenza delle commissioni di gara e di concorso, la responsabilità sulle procedure d’appalto e di concorso, la stipulazione dei contratti”) doveva ritenersi immediatamente precettiva per le amministrazioni locali, essendo fondata sulla concezione del riparto tra compiti di governo di indirizzo e coordinamento (spettanti agli organi elettivi o a quelli che, ancorché non elettivi, ripetono dai primi la legittimazione a operare, quali gli assessori di giunta comunale e provinciale) e quelli di gestione (affidati in via esclusiva alla dirigenza dello stesso ente) che costituiva struttura fondante dell’intera riforma delle autonomie locali e, poi, del sistema di lavoro nelle pubbliche amministrazioni, come testimoniava il decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, articolato anch’esso sulla stretta ripartizione tra attività di indirizzo e controllo di natura politica e di gestione (in questo senso Cons. Stato, sez. V, 15 novembre 2001 n. 5833).
Il principio era stato ribadito con l’art. 6, comma secondo, della legge 15 maggio 1997, n. 127, che rimetteva espressamente ai dirigenti la responsabilità delle procedure d'appalto, la presidenza delle commissioni e la stipula dei contratti: la giurisprudenza aveva chiarito che, se era rimessa ai dirigenti la responsabilità di tali procedure, ai medesimi competeva anche il correlativo potere di approvazione degli atti di gara, ossia quel perfezionamento dell'iter procedimentale al quale solo poteva collegarsi la responsabilità piena dei funzionario (Cons. Stato, sez.. V, 26 gennaio 1999 n. 64).
L’accoglimento della censura di incompetenza relativa non esonera il Collegio dallo scrutinio dei restanti motivi di ricorso. La necessità di decidere in ordine alla pretesa risarcitoria importa infatti l’obbligo del giudice di pronunziare anche sui motivi da assorbire, perché costituiscono parte a sé stante ed ulteriore della domanda del ricorrente, che supera il mero profilo di annullamento dell’atto conseguente alla pronunzia d’incompetenza, perché volto ad affermare la responsabilità aquiliana dell’amministrazione, di cui il provvedimento emanato costituisce sotto il profilo motivazionale la prova della sussistenza dell’elemento soggettivo (in questo senso, da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, 12 marzo 2004 n. 1261; Id., sez. V, 5 settembre 2005 n. 4482).
2. Né la delibera a contrarre, né i successivi atti di gara indicavano le norme che il Comune di (omissis) intendeva osservare nella procedura di appalto-concorso. Avendo ad oggetto la fornitura di due automezzi per il trasporto urbano, deve ritenersi che l’appalto fosse riconducibile al settore dei trasporti, così come definito dall’art. 5 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158.
La soglia di rilevanza comunitaria, valida per i cd. “settori esclusi” dal 1.1.1998 al 31.12.1999, era di 400.000 ECU (pari a Lire 788.933.166, secondo il Comunicato del Ministero del Tesoro pubblicato sulla G.U. n. 302 del 30.12.1997). L’appalto-concorso indetto dal Comune di (omissis) con avviso pubblico del 9.7.1998, avente valore presunto di Lire 720.000.000, era quindi da considerarsi sotto soglia comunitaria e non era assoggettabile al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158, così come era sottratto alla disciplina generale degli appalti di pubbliche forniture contenuta nel decreto legislativo 24 luglio 1992, n. 358 (il cui art. 4, 1° comma – lett. a, ne escludeva espressamente l’applicabilità al settore dei trasporti).
Che la fornitura dei due autobus risultasse, per valore economico, al di sotto della soglia di rilevanza comunitaria non significava, in ogni caso, che il Comune potesse aggiudicarla ad un’azienda individuata al di fuori di qualsivoglia procedura di evidenza pubblica.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 2 marzo 2001 n. 1206 ; Id., sez. IV, 15 febbraio 2002 n. 934) e comunitaria (cfr. Corte Giust. CE, sent. 7 dicembre 2000 – Teleaustria), richiamato dalla Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 8756 del 6 giugno 2002, anche per gli appalti pubblici sottosoglia ed in generale per tutti i contratti stipulati da enti pubblici in settori non regolamentati sul versante comunitario, l’ordinamento considera il ricorso alla scelta diretta del contraente, in deroga ai principi di trasparenza e concorrenza, quale evenienza eccezionale, giustificabile solo in presenza di specifiche ragioni tecniche ed economiche adeguatamente motivate, che rendano impossibile in termini di razionalità l’individuazione di un soggetto diverso da quello prescelto, ovvero che evidenzino la non rilevanza di un’operazione sul piano della concorrenza nel mercato unico europeo.
Le pubbliche amministrazioni, quando intendano stipulare appalti di valore inferiore alla soglia comunitaria, pur non essendo vincolate al rispetto delle regole analitiche in punto di pubblicità e procedimento dettate dalle leggi di attuazione delle direttive comunitarie, sono comunque tenute ad osservare criteri di condotta che, in proporzione alla rilevanza economica della fattispecie ed alla sua pregnanza sotto il profilo della concorrenza nel mercato comune, consentano senza discriminazioni al maggior numero di imprese di venire per tempo a conoscenza dell’intenzione dell’ente di stipulare il contratto e di formulare un’offerta appropriata.
Il principio era del resto già codificato nella normativa generale sulla contabilità pubblica e sui contratti della pubblica amministrazione (artt. 3-ss. del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440; artt. 36-ss. del regio decreto 23 maggio 1924, n. 827), all’epoca vigente ed applicabile agli appalti di forniture sottosoglia. I sistemi della licitazione privata e della trattativa privata potevano essere prescelti solo in determinate e circoscritte ipotesi, dovendosi in via generale privilegiare il ricorso ai pubblici incanti che maggiormente garantiscono l’imparzialità, la trasparenza e la convenienza dell’azione amministrativa (in giurisprudenza, tra molte, Cons. Stato. sez. IV, 24 gennaio 1995 n. 29; Corte dei Conti, sez. contr., 18 gennaio 1997 n. 4).
I provvedimenti impugnati devono perciò essere valutati alla luce dei principi generali di imparzialità, concorrenza e par condicio invalsi nella materia delle pubbliche gare, prescindendo dalla diretta applicabilità delle norme di derivazione comunitaria.
3. Fondato è il motivo con il quale la ricorrente lamenta l’illegittimo inserimento, nel capitolato d’appalto, di specifiche tecniche che menzionano prodotti di fabbricazione determinata (ad es. il motore ed il cambio degli autobus).
Sebbene non sia direttamente applicabile nella fattispecie l’art. 19, comma quinto, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158, deve comunque ritenersi che il divieto di circoscrivere le pubbliche forniture a prodotti o marchi determinati costituisca principio generale estendibile ai contratti sottosoglia, a tutela del corretto svolgersi della concorrenza tra imprese ed in applicazione dei canoni di imparzialità e buon andamento sanciti dall’art. 97 della Costituzione.
Priva di pregio, sul punto, è l’eccezione sollevata dalla controinteressata YYY s.r.l., nel senso che la ricorrente avrebbe dovuto impugnare tempestivamente, per tale parte, la lettera d’invito. In contrario, osserva il Collegio che l’onere di immediata impugnazione sussiste per le sole clausole del bando di gara riguardanti i requisiti soggettivi di partecipazione, come tali immediatamente lesive per i soggetti interessati a concorrere (cfr. per tutte Cons. Stato, Ad. plen., 29 gennaio 2003 n. 1); diversamente, la XXX s.p.a. non veniva esclusa per la difformità degli automezzi offerti rispetto ai modelli indicati nel capitolato, ma era bensì penalizzata in sede valutativa dalla commissione aggiudicatrice, talché solo in corso di gara poteva dirsi concretizzato l’interesse a ricorrere avverso il contenuto della lettera d’invito.
Dai rilevati vizi consegue l’illegittimità derivata dell’aggiudicazione disposta a favore della YYY s.r.l.
4. E’ altresì fondata la censura con la quale la ricorrente denuncia violazione dell’obbligo di predeterminazione dei criteri per l’aggiudicazione, e ciò tanto rispetto alla lettera d’invito quanto rispetto al giudizio formulato dalla commissione di gara.
La lettera d’invito si limitava a prevedere, invero assai genericamente, che “… l’aggiudicazione dell’appalto non sarà basata su criteri esclusivamente economici, ma si terrà conto delle qualità funzionali e tecniche dei mezzi proposti nonché della ottimale rispondenza alle necessità di questo Ente, per cui il Comune si riserva l’insindacabile facoltà di scegliere fra le varie offerte quella che riterrà più opportuna sotto il duplice aspetto economico e funzionale”.
Da parte sua, la commissione aggiudicatrice trascurava di specificare in via preventiva i criteri valutativi e, nelle sedute del 20.11.1998 e del 4.12.1998, deliberava di proporre l’aggiudicazione alla YYY s.r.l., nonostante quest’ultima avesse offerto un prezzo più elevato (pari complessivamente a Lire 690.720.000, i.v.a. inclusa), così motivando: “… In definitiva la Commissione ritiene che la differenza di prezzo fra i due veicoli offerti sia più che giustificata dalle differenze di caratteristiche tecnico – funzionali – estetiche, con riferimento in particolare alla maggiore disponibilità di potenza del motore IVECO, alla migliore accessibilità garantita dalla presenza della 3° porta doppia, alla minore rumorosità, al migliore comfort per i passeggeri dovuto ad un più adeguato sistema di ammortizzatori, al maggiore comfort di guida per l’autista ed in ultima analisi anche al design più moderno nel caso del veicolo proposto da YYY s.r.l.”.
Ritiene il Collegio che siffatto giudizio, pur essendo corredato da motivazione svolta in forma discorsiva, sia tuttavia frutto di valutazioni pressoché incontrollabili, assai prossime all’arbitrarietà, proprio perché era mancata la preliminare fissazione di parametri oggettivi relativi al “peso” da assegnarsi alla parte economica dell’offerta ed a quella tecnica, nonché (all’interno di quest’ultima) all’incidenza sui punteggi delle diverse possibili soluzioni tecnologiche.
Secondo principi comunemente affermati anche con riguardo alle procedure indette per l’aggiudicazione mediante metodi selettivi non automatici, come nel caso dell’appalto-concorso o delle gare dirette a selezionare l’offerta più vantaggiosa, il bando deve definire i criteri generali di valutazione, potendosi riconoscere alla commissione di gara unicamente l’esercizio della facoltà di introdurre elementi di specificazione e puntualizzazione dei criteri generali medesimi. La predeterminazione dei parametri di valutazione tecnica risponde all’esigenza di garantire l’imparzialità e la trasparenza delle operazioni concorsuali, affinché sia possibile agli interessati e al giudice della legittimità il sindacato sulla coerenza logica delle scelte con i criteri fissati nel bando.
E nel caso in cui la lex specialis non abbia predeterminato rigidamente i criteri di valutazione delle offerte, deve imporsi alle commissioni giudicatrici, a pena di illegittimità, di rendere percepibile l’iter logico seguito nell’attribuzione del punteggio, se non attraverso diffuse esternazioni relative al contenuto delle valutazioni, quanto meno mediante taluni elementi che concorrano ad integrare e chiarire la valenza delle scelte effettuate (Cons. Stato, sez. VI, 30 aprile 2003 n. 2331; TAR Lombardia, Milano, sez. III, 11 ottobre 2004 n. 5521).
Un’impostazione ancor più rigorosa è perseguita dalla recente giurisprudenza comunitaria, che tende a ridimensionare gli spazi di intervento integrativo tradizionalmente riconosciuti alle commissioni di gara, affermando che i criteri di aggiudicazione definiti dalle stazioni appaltanti non possono conferire alle stesse una libertà incondizionata di scelta, devono essere espressamente menzionati nel capitolato d’oneri o nel bando di gara, se possibile nell’ordine decrescente di importanza che è loro attribuita, affinché gli imprenditori siano posti in grado di conoscere la loro esistenza e la loro portata, e devono rispettare i principi fondamentali di parità di trattamento e trasparenza (in tal senso Corte Giust. CE, sent. 17 settembre 2002 – Concordia Bus Finland; Id., sent. 24 novembre 2005 – a.t.i. EAC). Più in generale, per garantire il rispetto dei principi di parità di trattamento e di trasparenza, la giurisprudenza comunitaria ha ripetutamente chiarito che tutti gli elementi presi in considerazione dall’amministrazione aggiudicatrice per identificare l’offerta economicamente più vantaggiosa e, se possibile, la loro importanza relativa, devono essere noti ai potenziali concorrenti già al momento della preparazione delle loro offerte (in tal senso, Corte Giust. CE, sent. 25 aprile 1996 – Commissione c. Belgio; Id., sent. 12 dicembre 2002 – Universale Bau).
Da ultimo, una recente decisione della Sesta Sezione del Consiglio di Stato ha accolto l’indirizzo più restrittivo elaborato dai giudici comunitari, affermando l’illegittimità dell’operato di una stazione appaltante che abbia specificato con il disciplinare di gara i criteri selettivi dell'aggiudicatario, mentre con la lettera d'invito abbia rimesso alla commissione di gara la graduazione fra alcuni degli stessi criteri: l'importanza delle “sottovoci” deve infatti essere nota ai potenziali concorrenti già al momento della produzione delle loro offerte, al fine di evitare il pericolo che la commissione di gara possa orientare a proprio piacimento ed a posteriori l'attribuzione del relativo punteggio e, quindi l'esito stesso della gara, dopo averne conosciuto gli effettivi concorrenti (così Cons. Stato, sez. VI, 14 settembre 2006 n. 5323).
La violazione dei predetti principi è evidente nei provvedimenti impugnati, laddove la commissione di gara ha stabilito di dare preferenza all’offerta economica meno conveniente per il Comune, sulla base di valutazioni arbitrarie ed apodittiche circa le caratteristiche tecniche ed estetiche degli automezzi offerti dalla YYY s.r.l., non già rifacendosi a criteri oggettivi, ma piuttosto dando l’impressione di far dipendere la scelta dalle preferenze soggettive dei suoi componenti.
Le conclusioni non mutano per il fatto che il Comune di (omissis) avesse prescelto il sistema selettivo dell’appalto-concorso.
In primo luogo, infatti, la più recente disciplina di questo istituto, soprattutto a causa dell'influenza del diritto comunitario, è orientata nel senso di individuare con maggior precisione i limiti cui è soggetto il giudizio della commissione, la quale è tenuta al rispetto di parametri oggettivamente verificabili: ciò riduce l'ambito della discrezionalità tecnica, tradizionalmente intesa come afferente al merito amministrativo, ed amplia corrispondentemente quella parte dell'azione amministrativa che resta soggetta al sindacato giurisdizionale, per il tramite dell'eccesso di potere e, eventualmente, della violazione di legge. Anche nell’appalto-concorso la stazione appaltante è perciò tenuta a predeterminare nella lettera d’invito i criteri tecnico-economici alla stregua dei quali saranno valutati i progetti, autovincolandosi alla loro osservanza e limitando l'ambito della propria discrezionalità (in questo senso Cons. Stato, sez. V, 6 dicembre 1999 n. 812).
Si è altresì affermato che l'appalto-concorso deve essere caratterizzato dalla predisposizione, a cura della stessa amministrazione, di un progetto di massima quanto più completo, puntuale e corretto possibile dal punto di vista tecnico, sì da valere quale inequivoco strumento di raffronto delle singole offerte dei partecipanti, ad ulteriore garanzia della par condicio e dei valori di imparzialità e trasparenza (Cons. Stato, sez. VI, 24 maggio 1996 n. 731; Id., sez. V, 12 luglio 1996 n. 868).
Ed in effetti, a ben vedere, l’estremo dettaglio delle specifiche tecniche inserite dal Comune di (omissis) nel capitolato di gara avrebbe dovuto lasciare uno spazio valutativo alquanto limitato alla commissione di gara, per lo meno con riguardo alla parte tecnica delle offerte, al punto che potrebbe persino dubitarsi che si trattasse (al di là del nomen iuris adoperato negli atti) di una vera e propria procedura di appalto-concorso, stante la ridottissima rilevanza dell’attività progettuale demandata agli offerenti.
Viceversa, la commissione ha superficialmente disatteso le differenze tra i prezzi offerti, orientando la propria scelta in base a valutazioni eccessivamente soggettive che appaiono, in conclusione, viziate.
5. Infine, sono fondati i motivi aggiunti con cui la ricorrente evidenzia che l’offerta economica della YYYi s.r.l. conteneva la clausola “Pagamento: come da Voi indicato, con la sola eccezione dell’acconto del 10% all’ordine della fornitura”, in difformità dalla lettera d’invito che prevedeva il pagamento del prezzo entro 60 giorni dalla presentazione della fattura, senza alcun acconto anticipato. La clausola integrava una condizione dell’offerta, contraria al principio di necessaria corrispondenza delle proposte con il capitolato di gara e vietata, in linea generale, dall’art. 72 del regio decreto 23 maggio 1924, n. 827.
Ne discende che devono essere annullati gli atti di gara e la delibera di aggiudicazione.
6. La domanda risarcitoria può trovare accoglimento nei limiti che si diranno.
Sussiste, ad avviso del Collegio, la colpa dell’amministrazione, che nella fattispecie è incorsa in malgoverno delle regole fondamentali dettate dal legislatore comunitario e nazionale in materia di aggiudicazione di pubblici appalti, specialmente con riguardo all’omessa specificazione dei criteri valutativi ed alla insufficiente motivazione delle scelte effettuate dalla commissione di gara.
Deve prendersi atto che l’esecuzione della fornitura è ormai avvenuta ed è risalente nel tempo e che d’altra parte la ricorrente, quanto alla misura del pregiudizio risarcibile, non allega prove in ordine alle spese di partecipazione e limita il petitum al ristoro per equivalente del mancato guadagno.
L’assenza di altri concorrenti nella procedura controversa consente di riconoscere all’impresa ricorrente una significativa probabilità di conseguimento dell’aggiudicazione, secondo un giudizio di prognosi postuma. Tuttavia, la dichiarata illegittimità del bando di gara e dell’attività valutativa della commissione non escluderebbe un’ipotetica residua discrezionalità della stazione appaltante, nell’ipotesi che la stessa fosse chiamata a svolgere nuovamente la selezione colpita da annullamento: detto altrimenti, non vi è assoluta certezza che proprio la ricorrente avrebbe ottenuto l’appalto, qualora il Comune avesse correttamente redatto la lettera d’invito e selezionato le offerte, ed anzi è ben possibile che l’eliminazione delle specifiche tecniche recanti l’indicazione di marchi e prodotti avrebbe indotto altre imprese del settore a concorrere, diminuendo in tal modo le possibilità di conseguimento dell’affare.
Trova perciò ingresso il criterio di quantificazione della cd. “ perdita di chance” elaborato dalla giurisprudenza amministrativa, nel senso che alla percentuale di mancato utile (dimostrato in concreto, ovvero presunto nella misura del 10% del prezzo offerto) va applicato un coefficiente di riduzione, correlato alle effettive possibilità di vittoria dell’impresa ricorrente (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 6 luglio 2004 n. 5012).
Nella fattispecie, all’utile presunto pari al 10% del prezzo offerto dalla XXX s.p.a. (Lire 487.200.000 per i due autobus) deve applicarsi una riduzione che il Collegio stima equa nella misura della metà. Perciò, il mancato guadagno risarcibile sarà uguale al 10% di Lire 487.200.000 = Lire 48.720.000, ridotto della metà = Lire 24.360.000 = Euro 12.580,89.
Sulla somma di Euro 12.580,89 vanno riconosciuti la rivalutazione monetaria e gli interessi compensativi, nonostante l’assenza di specifica domanda sul punto. (cfr. Cass. Civ., sez. III, 13 febbraio 1982 n. 894; Id., 26 febbraio 2004 n. 3871).
Il credito derivante da responsabilità extra-contrattuale ha, infatti, natura di credito di valore, con la conseguenza che esso va anche maggiorato della rivalutazione monetaria, che deve ritenersi compresa nell' originario petitum della domanda risarcitoria, con decorrenza dalla maturazione del diritto. La rivalutazione va quindi calcolata dal 29.12.1998, data dell’aggiudicazione, fino alla data di pubblicazione della presente sentenza, sulla base degli indici ISTAT dei prezzi al consumo (non avendo la ricorrente provato il maggior danno da svalutazione).
Quanto agli interessi, è noto che nell’obbligazione risarcitoria da fatto illecito è dovuto al danneggiato anche il risarcimento del danno da ritardo conseguente alla mancata disponibilità per impieghi remunerativi della somma di denaro in cui il debito viene liquidato, da corrispondersi mediante interessi compensativi.
A giudizio del Collegio, tenendo conto degli indici di svalutazione e del tasso medio di remuneratività del denaro nel periodo rilevante, il criterio equitativamente preferibile è quello di calcolare gli interessi legali sull’importo non attualizzato dalla data dell’aggiudicazione alla pubblicazione della sentenza, e successivamente a quest’ultima data, sull’importo attualizzato e fino al dì del saldo (secondo il criterio adottato su fattispecie analoga da Cons. Stato, sez. IV, 4 ottobre 2007 n. 5179).
Le spese processuali, attesa la mancata costituzione in giudizio del Comune di (omissis), possono essere integralmente compensate.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Prima Sezione, definitivamente pronunciando accoglie il ricorso in epigrafe e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna il Comune di (omissis) al pagamento della somma di Euro 12.580,89 a favore della ricorrente XXX s.p.a., maggiorata di rivalutazione monetaria ed interessi legali nella misura indicata in motivazione.
Compensa le spese processuali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 13 marzo 2008 con l'intervento dei Magistrati:
Doris Durante, Presidente FF
Giuseppina Adamo, Consigliere
Savio Picone, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE |
|
IL PRESIDENTE |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/04/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO