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Corte costituzionale, ordinanza 5/12/ 2007, n. 420
lunedì 21 aprile 2008 - Pubblicazione a cura di

Contratti di locazione: legittima la subordinazione della validità dei contratti di locazione alla registrazione.

La violazione della norma tributaria che impone la registrazione determina la nullità del contratto di locazione senza alcuna lesione del diritto di agire in giudizio.
 
Corte costituzionale, ordinanza 5 dicembre 2007, n. 420
Presidente Bile – Redattore Finocchiaro
 
Ritenuto
che, con ordinanza dell’1 giugno 2006, il Tribunale ordinario di Torino ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria per il 2005), per contrasto con l’art. 24 della Costituzione, perché, subordinando la validità del rapporto civilistico di locazione all’adempimento di un onere, qual è la registrazione, che ha finalità esclusivamente fiscali, condizionerebbe all’adempimento di tale onere l’esercizio del diritto del locatore di agire in giudizio;
che il rimettente riferisce che il procedimento a quo ha avuto origine da una intimazione di sfratto per morosità con contestuale citazione per la convalida;
che l’intimante ha dedotto che l’unità immobiliare in questione era condotta in locazione dall’intimato, in forza di contratto di locazione ad uso diverso da quello abitativo, sottoscritto il 5 luglio 2005 per la durata di un anno, per il canone di euro 150,00 trimestrali; che il conduttore si era reso moroso nel pagamento del canone relativo a due trimestri, per l’importo di euro 300,00; che all’udienza fissata ai sensi dell’art. 663 del codice di procedura civile il procuratore dell’intimante, stante l’assenza del convenuto e la ritualità della notifica, aveva chiesto la pronuncia di ordinanza di convalida di sfratto;
che il giudice a quo, rilevata la mancata registrazione del contratto sottoscritto tra le parti, alla luce dell’art. 1, comma 346, della 1egge n. 311 del 2004, nonché degli artt. 2 e 3 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro) e ritenuta la nullità del contratto, ha provveduto, ai sensi degli artt. 426 e 667 cod. proc. civ., disponendo il mutamento del rito ed assegnando alle parti termine per il deposito delle memorie integrative;
che, nelle more dell’udienza di discussione, l’attore ha provveduto alla registrazione del contratto e, in sede di memoria integrativa ha chiesto che, previo accertamento del grave inadempimento del conduttore, il Tribunale pronunci la risoluzione del contratto di locazione con conseguente condanna del convenuto al rilascio dell’immobile;
che la parte attrice ha sottolineato la efficacia retroattiva della tardiva registrazione del contratto che, quale mera condizione di esigibilità del canone, consentirebbe al locatore di percepire retroattivamente tutti i canoni maturati successivamente alla regolarizzazione fiscale, non inficiando l’accertamento dell’inadempimento del conduttore – rimesso all’ordinaria azione di cognizione successiva al mutamento del rito – e, quindi, la pronuncia di risoluzione;
che il giudice a quo rileva che l’art. 1, comma 346, della legge n. 311 del 2004 prevede che «I contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati»; che, inoltre, ai sensi dell’art. 2, comma 1, del d.P.R. n. 131 del 1986, sono soggetti a registrazione «a) gli atti indicati nella tariffa, se formati per iscritto nel territorio dello Stato; b) i contratti verbali indicati nel comma primo dell’art. 3»; che il successivo art. 3, comma 1, dello stesso d.P.R. n. 131 del 1986 prevede che sono soggetti a registrazione «i contratti verbali: a) di locazione o affitto di beni immobili esistenti nel territorio dello Stato e relative cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite»; che, secondo l’art. 5 della Parte prima della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, sono soggetti a registrazione in termine fisso gli atti di «locazione e affitti di beni immobili: a) quando hanno per oggetto fondi rustici; […] b) in ogni altro caso»;
che, pertanto, dalla lettura coordinata di tali disposizioni, si evincerebbe la nullità di tutti i contratti di locazione, ovvero dei contratti che costituiscono diritti relativi di godimento, sottoscritti in data successiva all’1 gennaio 2005 e non registrati;
che, a fronte della declaratoria di nullità, non è espressamente prevista la possibilità di un’eventuale registrazione tardiva, con effetti sananti ex tunc;
che il rimettente sospetta, conseguentemente, che l’art. 1, comma 346, della legge n. 311 del 2004 si ponga in contrasto con l’art. 24, primo comma, della Costituzione, in quanto, subordinando il rapporto civilistico all’adempimento di un onere, qual è la registrazione, previsto esclusivamente a fini fiscali, condizionerebbe l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale del locatore all’adempimento di un onere tributario, violando così il suo diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti;
che, osserva il giudice a quo, la verifica dell’avvenuta registrazione del contratto di locazione è del tutto estranea alle finalità del giudizio principale, diretto all’accertamento dell’inadempimento da parte del conduttore degli obblighi nascenti dal contratto di locazione e, quindi, ad una pronuncia di risoluzione del rapporto cui consegue il rilascio dell’immobile occupato, essendo invece la nullità diretta a colpire e disincentivare i comportamenti di coloro che, non provvedendo alla registrazione del contratto, pongono in essere locazioni produttive di redditi non dichiarati ai fini delle relative imposte;
che il tenore letterale della norma censurata – prosegue il rimettente – induce a ritenere che la stessa abbia previsto la nullità in tutti i casi di omessa registrazione del contratto di locazione, introducendo un’ipotesi di nullità del tutto estranea rispetto a quelle codificate, di cui all’art. 1418 del codice civile, determinate dalla mancanza dei requisiti essenziali del contratto, ovvero dalla illiceità degli stessi;
che tale previsione avrebbe subordinato gli effetti del contratto di locazione all’esistenza di un requisito estraneo successivo alla manifestazione di volontà delle parti e alla formazione del contratto, individuando un ulteriore elemento costitutivo del contratto, oltre a quelli codificati e previsti dall’art. 1325 cod. civ.;
che la previsione della sanzione della nullità, collegata alla violazione di un incombente di natura fiscale, pare al rimettente irragionevole, nella misura in cui determina la caducazione del contratto per effetto dell’omissione di un adempimento di natura tributaria imposto ad entrambe le parti, successivo alla formazione del sinallagma contrattuale e, peraltro, affidato alla competenza di un organo amministrativo estraneo alla negoziazione;
che il dubbio di costituzionalità della disposizione censurata si pone – secondo il giudice a quo – anche alla luce degli effetti che un’eventuale declaratoria di nullità produrrebbe nel rapporto tra le parti, investendo in radice il contratto, e determinando, da un lato, la perdita del diritto del locatore di ricevere il canone di locazione e, dall’altro, qualificando lo stesso conduttore quale occupante sine titulo con diritto alla restituzione di tutto quanto versato in precedenza in forza del contratto inesistente;
che il tenore letterale (e testuale) della norma non consentirebbe di ritenere condivisibili le opzioni ermeneutiche – avanzate nell’immediatezza dell’entrata in vigore delle disposizioni denunciate – secondo le quali il contratto non registrato non sarebbe affetto da nullità, ma solo sottoposto alla condizione sospensiva della registrazione, con la conseguenza che, adempiuto tale onere, lo stesso riacquisterebbe efficacia ex tunc, ai sensi dell’art. 1360 cod. civ., producendo gli effetti tipici del rapporto di locazione dalla data della stipula;
che, atteso il diverso tenore letterale della norma denunciata rispetto alla previsione contenuta nell’art. 13 della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), l’irragionevolezza della norma non pare al rimettente esclusa neppure alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata e adeguatrice, così come offerta dalle argomentazioni esposte dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 16089 del 27 ottobre 2003;
che il dubbio di illegittimità costituzionale emergerebbe anche alla luce delle implicazioni scaturenti dal disposto di cui all’art. 13, comma 5, della legge n. 431 del 1998, e dalla previsione di cui all’art. 32 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani);
che, a fronte della nullità assoluta dei contratti non registrati, il comma 6 dell’art. 13 della 1egge n. 431 del 1998 – nella parte in cui prevede, per i contratti di locazione ad uso abitativo, che «i riferimenti alla registrazione del contratto di cui alla presente legge non producono effetti se non vi è l’obbligo di registrazione del contratto stesso» – dovrebbe intendersi implicitamente abrogato per i soli contratti ad uso abitativo non scritti stipulati successivamente all’1 gennaio 2005;
che parimenti, a fronte di detta nullità, il conduttore di un immobile locato ad uso diverso da quello abitativo perderebbe il diritto all’indennità di avviamento riconosciuta dall’art. 34 della 1egge n. 392 del 1978;
che secondo il giudice a quo, inoltre, trattandosi di nullità rilevabile d’ufficio e da parte di chiunque vi abbia interesse, la possibile declaratoria di nullità del contratto non registrato esporrebbe il conduttore ad una situazione di incertezza, trovandosi lo stesso esposto al rischio di veder caducato il proprio contratto di locazione ad opera di un terzo, acquirente dell’immobile già locato con contratto non registrato;
che le considerazioni svolte non possono non tenere conto di quanto già evidenziato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 333 del 2001, nella parte in cui ha ribadito l’incontestabile principio secondo il quale gli oneri tributari non possono costituire condizioni per l’esercizio di un diritto del tutto estraneo al motivo dell’imposizione fiscale, e ha confermato la necessità di distinguere tra gli oneri imposti ai fini di un migliore e più efficiente svolgimento del processo e quelli del tutto estranei alle finalità processuali, non sussistendo alcuna connessione tra adempimenti fiscali e finalità insite nel processo ordinario;
che, ad avviso del rimettente, la questione sollevata è rilevante ai fini della decisione della controversia, in quanto, non distinguendo la norma censurata tra contratti di locazione a seconda che abbiano ad oggetto immobili destinati ad uso abitativo ovvero ad uso diverso, l’obbligo della registrazione e la conseguente declaratoria di nullità investe ogni rapporto di locazione sorto in data successiva all’1 gennaio 2005;
che, di conseguenza, la decisione circa la legittimità costituzionale della norma stessa appare preliminare e decisiva ai fini della valutazione della fondatezza o meno della domanda di risoluzione proposta dal locatore avente ad oggetto un contratto ad uso diverso da quello abitativo stipulato dalle parti in data successiva all’1 gennaio 2005 e, come tale, soggetto alla disciplina di cui all’art. 1, comma 346, della legge n. 311 del 2004;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata manifestamente infondata, osservando che la norma denunciata non introduce una condizione al diritto di agire in giudizio, ma opera sul piano sostanziale, limitandosi a sancire una nullità non prevista dal codice civile, con la conseguenza che tale norma non introduce ostacoli all’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale, ma eleva la norma tributaria al rango di norma imperativa, la violazione della quale determina la nullità del negozio ai sensi dell’art. 1418 cod. civ.
Considerato
che il Tribunale ordinario di Torino dubita della legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria per il 2005), nella parte in cui prevede che i contratti di locazione sono nulli se non sono registrati, pur ricorrendo i presupposti per effettuare tale registrazione, per contrasto con l’art. 24 della Costituzione, perché, subordinando il rapporto civilistico all’adempimento di un onere, quale è la registrazione, che ha finalità esclusivamente fiscali, condizionerebbe all’adempimento di tale onere l’esercizio del diritto del locatore di agire in giudizio;
che viene, inoltre, adombrata – in assenza, peraltro, di formale evocazione del parametro di cui all’art. 3 Cost. – la irragionevolezza della norma censurata, in quanto la previsione della sanzione della nullità, collegata alla violazione di incombenti di natura fiscale, determinerebbe la caducazione del contratto per effetto dell’omissione di un adempimento di natura tributaria imposto ad entrambe le parti, successivo alla formazione del sinallagma contrattuale e affidato alla competenza di un organo amministrativo estraneo alla negoziazione;
che la censura relativa alla violazione dell’art. 24 Cost. è manifestamente infondata per l’inconferenza del parametro costituzionale invocato, dal momento che nell’ordinanza non viene chiarito sotto quale profilo sia prospettata la violazione della citata disposizione costituzionale, stante il carattere sostanziale della norma denunciata, che non attiene alla materia delle garanzie di tutela giurisdizionale, limitandosi a sancire una nullità non prevista dal codice civile;
che tale norma, come esattamente rilevato dalla difesa erariale, non introduce ostacoli al ricorso alla tutela giurisdizionale, ma eleva la norma tributaria al rango di norma imperativa, la violazione della quale determina la nullità del negozio ai sensi dell’art. 1418 cod. civ. (nello stesso senso, per l’infondatezza della questione quando sia invocato, con particolare riguardo all’art. 24 Cost., un parametro inconferente, ex plurimis, ordinanze numeri 181 e 180 del 2007, n. 940 del 2004, n. 940 del 1988);
che il richiamo alla irragionevolezza della norma censurata costituisce un mero argomento teso a supportare la denunciata violazione dell’art. 24 Cost.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PQM
La Corte costituzionale dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria per il 2005), sollevata, in riferimento all’art. 24 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Torino, con l’ordinanza in epigrafe.