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Sezione di Barletta

 
   
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Consiglio di Stato, sez. V, decisione 26/10/2007 (dep. 4/3/2008), n. 807
domenica 13 aprile 2008 - Pubblicazione a cura di Francesco Morelli

Il proprietario del suolo è responsabile in solido con il soggetto che getta abusivamente rifiuti solo se vi è colpa o dolo, non essendo sufficiente la mera consapevolezza.

Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 4 marzo 2008, n. 807
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione
ha pronunciato la seguente
 
DECISIONE

Sul ricorso in appello n. 4787/2007 del 07/06/2007, proposto dalle sig.re R. V. E R. M. rappresentate e difese dagli avv.ti FRANCESCO LONGO e FRANCO GAETANO SCOCA con domicilio eletto in Roma, VIA G. PAISIELLO, 55 presso l’avv. FRANCO GAETANO SCOCA

contro

il COMUNE DI PORCIA rappresentato e difeso dall’avv. FRANCO GIAMPIETRO con domicilio eletto in Roma, VIA FRANCO SACCHETTI, 114 presso l’avv. FRANCO GIAMPIETRO

i sigg.ri C. F. E T. R. non costituitisi;
per la riforma

della sentenza del TAR FRIULI VENEZIA GIULIA - TRIESTE n. 261/2007, resa tra le parti, concernente ORDINE DI RIMOZIONE E AVVIO DEL RECUPERO O SMALTIMENTO RIFIUTI ABBANDONATI;

Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del COMUNE DI PORCIA;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 26 Ottobre 2007, relatore il Consigliere Adolfo Metro;
Udito, altresì, l’avvocato Longo, come da verbale d’udienza;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO

Il comune di Porcia riceveva, da parte dei proprietari di alcuni terreni, una segnalazione sul rinvenimento, nel sottosuolo, di rifiuti per circa 80 mc.

A seguito di accertamenti risultava che del loro abbandono doveva ritenersi responsabile, in un periodo risalente agli anni ‘60/’70, il sig. R. B., deceduto, i cui diretti aventi causa, R. M. e V., qui appellanti, avevano ceduto, nel 2005, i terreni agli attuali proprietari.

Con provvedimento n. 3/06 il comune, poichè le ricorrenti si erano dichiarate a conoscenza, sin da bambine, di tali fatti, ha ritenuto l’art. 192 del D.Lgs. n. 152/06 applicabile in via estensiva anche nei confronti di coloro che con comportamento omissivo, di controllo o di denuncia all’autorità, avessero concorso al permanere della presenza di rifiuti ed ha ingiunto loro la rimozione, il recupero e lo smaltimento degli stessi.

Il Tar ha respinto il ricorso proposto avverso tale provvedimento avendo ritenuto che, le ricorrenti, avendo omesso di effettuare i dovuti controlli e non avendo comunicato all’autorità la situazione di danno ambientale di cui erano a conoscenza, si sarebbero rese responsabili a titolo si colpa.

Con l’appello in esame si sostiene il vizio di travisamento dei fatti in quanto non sarebbe ravvisabile, nel caso di specie, la presenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa, mancando il nesso di causalità tra la condotta delle appellanti e l’evento dannoso, dato che tale nesso eziologico non potrebbe collegarsi alla mera conoscenza di una situazione di fatto.

Il comune, costituitosi in giudizio, ha sostenuto l’infondatezza dei motivi di appello.
DIRITTO
L’appello deve ritenersi fondato.

L’art. 192 del D.L.gs. n. 152/06, in caso di abbandono e deposito di rifiuti, attribuisce l’obbligo del recupero smaltimento e ripristino dello stato dei luoghi all’autore dell’abuso, in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento dell’area ai quali tale violazione sia imputabile al titolo di dolo o di colpa.

La norma risulta quindi puntuale nel prescrivere il dolo o la colpa del responsabile dell’abuso, elemento che non può rinvenirsi nella mera conoscenza di un fatto in cui altri siano i responsabili.

La norma non permette, quindi, l’interpretazione estensiva proposta dal comune secondo cui tali obblighi sarebbero addebitabili al vecchio proprietario dell’area non autore dell’abuso.

La stessa determinazione, successivamente emanata dalla Pro-vincia in data 2/7/07, individua il soggetto responsabile dell’inquinamento ai sensi dell’art. 244 e segg. del D.L.gs. n. 152/06.

Del resto, nessun nesso eziologico, e quindi di responsabilità a titolo di dolo di colpa può porsi a carico delle appellanti ai fini di cui all’articolo 192 cit., non potendo tale collegamento farsi coincidere con il fatto che le appellanti abbiano conosciuto e passivamente tollerato, nel tempo, il protrarsi della situazione lamentata, potendo tale fatto, semmai, costituire il presupposto per il risarcimento dei danni in altra sede.

In relazione a quanto esposto, l’appello va accolto.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
 
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quinta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 4787/07, meglio specificato in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la sentenza di primo grado e gli atti ivi impugnati; pone le spese del giudizio, per complessivi € 3.000,00 (tremila/00), a carico della controparte costituita.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso, in Roma, nella Camera di consiglio del 26 ottobre 2007, alla presenza nei seguenti magistrati:
Pres. Sergio Santoro
Cons. Chiarenza Millemaggi Cogliani
Cons. Claudio Marchitiello
Cons. Adolfo Metro Est.
Cons. Giancarlo Giambartolomei
L'ESTENSORE
f.to Adolfo Metro
IL PRESIDENTE
f.to Sergio Santoro
IL SEGRETARIO
f.to Gaetano Navarra
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 04/03/2008.