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Cassazione Civile, Sez. I, Sent. del 4/10/2007 (dep. 29/11/2007) N. 24938
lunedì 7 aprile 2008 - Pubblicazione a cura di

L'ex moglie non più giovanissima può avere diritto al mantenimento se improvvisamente perde il lavoro, anche se fino a quel momento aveva badato a sè da sola.


Cassazione - Sezione prima civile - sentenza 4 ottobre - 29 novembre 2007, n 24938 Presidente Luccioli - Relatore Bonomo Pm Caliendo - difforme - Ricorrente M. - Controricorrente Me.

Svolgimento del processo

Il Tribunale di La Spezia con sentenza in data 8 luglio 2003, definendo le questioni economiche collegate alla già pronunziata cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto tra le parti, in accoglimento della domanda spiegata da Roberta M. , le riconosceva il diritto a percepire da Roberto Me. un assegno mensile di euro 250,00 a decorrere dalla data di proposizione della domanda.

La Corte d'appello di Genova, con sentenza del 16 gennaio - 14 febbraio 2004, in accoglimento dell'impugnazione proposta dal Me. , respingeva la domanda della M. volta ad ottenere la corresponsione di un assegno divorzile.

 

Avverso la sentenza d'appello Roberta M. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

 

Roberto Me. ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con il primo mezzo d'impugnazione la ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione dell'art. 5 della legge 898/1970, come modificato dall'art. 10 della legge 74/1987. Si sottolinea, con riferimento alla norma citata, che l'impossibilità di procurarsi mezzi adeguati per ragioni obiettive va valutata tenendo conto di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi, ossia di ogni fattore individuale, ambientale ed economico sociale, senza limitare l'indagine al pieno possesso delle energie fisico-lavorative del coniuge. La Corte di appello, invece, aveva ridotto il contesto e la portata dell'oggettiva impossibilità a quei fattori «non dipendenti da scelte di vita», individuati soltanto nella «inidoneità a proficuo lavoro».

 

2.. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 ce. e degli artt. 115 e 116 c.p.c, nonché omessa e contraddittoria motivazione sul punto decisivo della controversia involgente la prova dei presupposti legittimanti il riconoscimento dell'assegno di divorzio anche per l'errata applicazione dei principi di disponibilità e di valutazione delle prove. La M. , oltre, ad aver dimostrato di essere iscritta nelle liste occupazionali, aveva richiamato la difficoltà del contesto ambientale in cui viveva, non trascurando di evidenziare la sociale difficoltà per una donna di 57 anni di reinserirsi in ambienti lavorativi. La Corte territoriale non poteva ignorare circostanze notorie involgenti il difficile,o impossibile reinserimento lavorativo di una persona di quell'età (senza che vi fosse bisogno di enumerare nel dettaglio fatti noti anche alle cronache nazionali, quali il trasferimento delle basi militari, il trasferimento di primarie aziende del settore marittimo, crisi delle aziende Termomeccanica, Oto Melara, Ocean - San Giorgio). La Corte d'appello aveva anche omesso di considerare il comportamento processuale della controparte nel primo grado di giudizio e, in particolare, le circostanze e le argomentazioni, pure precedenti le conclusioni di primo grado, che avevano ammesso il diritto della M. , in quanto ella sarebbe stata prossima alla pensione (sociale), per cui certamente avrebbe disposto di mezzi reddituali, di cui al momento risultava sprovvista. Inoltre, nella memoria conclusionale di primo grado, la controparte aveva ammesso che «nel corso dell'istruttoria è emerso che la convenuta al compimento del 60° anno di età avrà diritto a percepire una pensione seppure nel suo importo minimo ad oggi quantificata, in euro 516,00, non avendo la stessa altra fonte formale di reddito alcuno. A fronte di tale situazione, appare opportuno che l'assegno di mantenimento trovi il proprio limite temporale in tale momento ossia al novembre 2007».

 

3. I due motivi, congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione, sono fondati nei termini appresso precisati.

 

Ai fini dell'attribuzione dell'assegno di divorzio, l'impossibilità del coniuge richiedente di procurarsi adeguati mezzi di sostentamento per ragioni obiettive, (che costituisce ipotesi non già alternativa, bensì esplicativa rispetto a quella della mancanza dei mezzi, in quanto rivolta a chiarire che detta indisponibilità non deve essere imputabile al richiedente) va accertata con riferimento alla finalità perseguita del legislatore di far sì che le condizioni economiche del coniuge più debole non risultino deteriorate per il solo effetto del divorzio. Una tale indagine deve essere condotta in sede di merito e deve esprimersi sul piano della concretezza e dell'effettività, tenendo conto di tutti gli elementi e fattori (individuali, ambientali, territoriali, economico sociali) della specifica fattispecie (Cass. 17 gennaio 2002 n. 432, nello stesso senso Cass. 16 luglio 2004 n. 13169). È stato anche sottolineato che l'indagine del giudice di merito circa la capacità lavorativa del coniuge istante va condotta secondo criteri di particolare rigore e pregnanza, - non potendo una attività concretamente espletata soltanto saltuariamente giustificare l'affermazione della «esistenza di una fonte adeguata di reddito», specie a fronte della rilevazione del carattere meramente episodico e occasionale di tale attività, e non potendosi, in tal caso, legittimamente inferire, “sic et simpliciter”", la presunzione della effettiva capacità del coniuge a procurarsi un reddito adeguato. Tale conclusione, condivisibile, in ipotesi, in un regime economico di piena occupazione, si appalesa del tutto astratta ed inappagante sul piano della congruenza logica in relazione all'attuale contesto sociale, alla luce del quale si rende, invece, necessaria una indagine compiuta con riferimento alle concrete possibilità lavorative del soggetto (Cass. 2 luglio 1998 n. 6468).

 

La decisione impugnata, dopo aver premesso che la M. si era limitata a dedurre di non aver reperito altro idoneo lavoro e di essere iscritta nelle liste di collocamento senza allegare ragioni oggettive di tale impossibilità, né definirsi inidonea a proficuo lavoro, ha affermato che l'età della medesima e la titolarità di esperienze lavorative pregresse rendevano plausibile che ella nel frattempo avesse reperito una occupazione che la rendeva autonoma, siccome doveva presumersi che fosse avvenuto dal 1989, allorquando la vita in comune con il Me. era venuta meno senza che fosse stata convenuta alcuna corresponsione di denaro, neppure in quello che era il momento più delicato sotto il profilo economico per la moglie, all'epoca casalinga.

 

Dalla stessa motivazione della sentenza impugnata risulta che le parti si erano consensualmente separate nel dicembre del 1989 (con la corresponsione di una somma omnicomprensiva da parte del marito) e che non era contestato che la M. avesse successivamente provveduto in via autonoma alle proprie necessità, svolgendo attività lavorativa, poi cessata per il fallimento del datore di lavoro.

 

Osserva il Collegio che la decisione impugnata è in contrasto con i principi sopra enunciati - in particolare per quanto riguarda la necessità che l'accertamento della capacità lavorativa del soggetto che chiede l'assegno di divorzio sia compiuto non nella sfera della ipoteticità o dell'astrattezza, bensì in quella dell'effettività e della concretezza, dovendosi, all'uopo, tenere conto di tutti gli elementi soggettivi e oggettivi del caso di specie in rapporto ad ogni fattore economico-sociale, individuale, ambientale, territoriale - e che la motivazione della Corte territoriale, secondo cui l'età della M. e la titolarità di esperienze pregresse rendevano plausibile che ella avesse reperito un'occupazione che la rendesse autonoma, appare insufficiente.

 

La sentenza impugnata, la quale non precisa quale fosse l'età dell'appellata, sembra considerare l'età dell'interessata come un elemento tale da agevolare il reperimento di un'attività lavorativa. Sennonché, dall'intestazione del ricorso per cassazione si ricava che Roberta M. è nata il 5 novembre 1947, sicché alla data della decisione da parte del giudice di appello (16 gennaio 2004) ella aveva 56 anni.

 

Ora, considerato l'alto livello di disoccupazione esistente in Italia e le notevolissime difficoltà di trovare un lavoro anche per soggetti in età giovanile, l'età di 56 anni appare logicamente un elemento tale da ostacolare il reperimento di un lavoro. Pertanto, di fronte ad una donna di 56 anni, che aveva perso la propria occupazione a seguito del fallimento del datore di lavoro e che era iscritta alle liste di collocamento, la Corte territoriale avrebbe dovuto valutare in concreto le possibilità di trovare un lavoro, tenendo conto, come sottolineato dalla giurisprudenza sopra citata, di tutti gli elementi e fattori (individuali, ambientali, territoriali, economico-sociali) della specifica fattispecie.

 

4. Il ricorso deve essere, pertanto, accolto e la causa va rinviata ad altra sezione della Corte di appello di Genova, che, uniformandosi ai principi enunciati ed alle considerazioni esposte, procederà a nuovo esame della controversia e provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d'appello di Genova anche per le spese del giudizio di cassazione.