venerdì 30 luglio 2010 - Pubblicazione a cura di Luigi Piazzolla
Separazione dei coniugi - c.d. comodato precario - assegnazione casa coniugale
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Sentenza 7 luglio 2010, n. 15986
Svolgimento del processo
S.A. e R.S. convennero in giudizio C.A. dinanzi al tribunale di Lecce chiedendo la restituzione di un immobile da essi attori concesso in comodato al proprio figlio e alla convenuta, all'epoca marito e moglie, perchè entrambi lo adibissero temporaneamente ad abitazione familiare.
Il giudice di primo grado accolse la domanda, ordinando alla C. il rilascio dell'immobile.
L'impugnazione proposta da quest'ultima fu accolta dalla corte di appello di Lecce.
La sentenza è stata impugnata dalla S. e dal R. con ricorso per cassazione sorretto da due motivi illustrati da memoria.
La parte intimata non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato quanto al secondo motivo.
Con il primo motivo, i ricorrenti denunciano la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 345, 416, 431 c.p.c..
La doglianza non può essere accolta.
Esso si infranger difatti, sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice d'appello nella parte in cui ha ritenuto che la deduzione dell'insussistenza di un fatto costitutivo dal quale non possa prescindersi ai fini dell'accoglimento della domanda non costituisca eccezione in senso proprio, ma mera difesa, come tale proponibile per la prima volta in appello.
La decisione, conforme a diritto, si sottrae alle censure mosse dai ricorrenti.
Con il secondo motivo, si denuncia una ulteriore violazione ed erronea applicazione degli artt. 1803 e 1810 c.c..
Il motivo è fondato.
Correttamente osservano i ricorrenti come la convenzione negoziale per la quale è processo fosse privo di termine, integrando così la fattispecie del c.d. comodato precario, caratterizzato dalla circostanza che la determinazione del termine di efficacia del vinculum iuris costituito tra le parti è rimesso in via potestativa alla sola volontà del comodante, che ha facoltà di manifestarla ad nutum con la semplice richiesta di restituzione del bene, senza che assuma rilievo la circostanza che l'immobile sia stato adibito ad uso familiare e sia stato assegnato, in sede di separazione tra coniugi, all'affidatario dei figli, come condivisibilmente affermato da questa corte regolatrice con la sentenza 10258/1997.
E' pertanto viziata da errore di diritto la decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto che condizione di legittimità della richiesta di restituzione fosse la sopravvenienza di un urgente e impreveduto bisogno, falsamente applicando, nella specie, la norma di cui all'art. 1809 c.c., comma 2.
La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata, e il procedimento rinviato alla stessa corte di appello di Lecce che, in diversa composizione, farà applicazione del principio di diritto suesposto.
P.Q.M.
La corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte di appello di Lecce in altra composizione.