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Cassazione civile , sez. II, sentenza 21.01.2009 n.1551
domenica 22 marzo 2009 - Pubblicazione a cura di

Parcheggio, proprietà, possesso, servitù

La pretesa utilizzazione per parcheggio non potrebbe rientrare nello schema di alcun diritto di servitù né di altro diritto reale. Se, infatti, il parcheggiare l'auto può essere una delle tante manifestazioni di un possesso a titolo di proprietà, non può, invece, dirsi che tale potere di sia inquadrabile nel contenuto di un diritto di servitù, posto che caratteristica tipica di detto diritto è la “realità”, e cioè l'inerenza al fondo dominante dell'utilità così come al fondo servente del peso. Nella specie la comodità di parcheggiare l'auto per specifiche persone che accedono al fondo (anche numericamente limitate) non potrebbe certamente valutarsi come una utilità inerente al fondo stesso e non, come in effetti è, un vantaggio del tutto personale dei proprietari.


 SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE

Sentenza 18 novembre 2008 - 21 gennaio 2009, n. 1551

(Presidente Vella - Relatore Correnti)

Svolgimento del processo

Con ricorso del 17.9.1998 T. V., alcuni condomini in persona degli amministratori ed altri personalmente, premesso il possesso di area condominiale adibita a parcheggio, evocavano in giudizio davanti al Tribunale di Udine la srl D.G.T., che aveva loro impedito l'estrinsecarsi del possesso sulla predetta area che, in data 9.3.1998, era stata recintata dalla D.G.T. nella asserita qualità di proprietaria.

Chiedevano la reintegra nel possesso.

La M&M, già D.G.T., costituitasi, contestava la domanda ed indicava nella E.C. sas l'autrice della recinzione.

Autorizzata l'integrazione del contraddittorio, si costituiva la E.C., negando di essere l'autrice della recinzione e deducendo di aver promosso azione di accertamento negativo di servitù.

Acquisiti documenti ed esperita prova, il Tribunale, con sentenza 30.4.2002, dichiarava cessata la materia del contendere, con condanna della resistente alle spese, sul presupposto della avvenuta rimozione della recinzione e della soccombenza virtuale della D.G.T..

Proponeva appello la M&M, si costituivano la E.C. in persona del liquidatore proponendo appello incidentale sotto il profilo che i ricorrenti non avevano il possesso ma solo occupato l'area, e gli originari ricorrenti chiedendo la conferma della decisione.

La Corte di appello di Trieste, con sentenza n. 121/2004, rigettava gli appelli principale ed incidentale, regolava le spese.

La Corte osservava che la declaratoria di cessazione della materia del contendere era errata ma l'errore non era emendabile in assenza di specifica deduzione della nullità ex art. 112 cpc..

La spontanea rimozione della recinzione ad opera della E.C. aveva fatto venir meno la necessità di un provvedimento di reintegra ma non il contrasto tra le parti ancora esistente.

Entrambi gli appelli si fondavano sull'inesistenza del possesso ma erano infondati perché ai fini della tutela possessoria non è necessario il possesso ad usucapionem ma basta la privazione violenta o clandestina dell'esercizio di fatto del potere sulla cosa, attribuibile alla D.G.T., che ne aveva interesse, posto che la E.C. era divenuta proprietaria a maggio mentre l'azione di spoglio era del marzo 1998.

Ricorre con tre motivi la M&M, resistono i condomini G.D. II, III e IV, non svolge difese E.C..

Motivi della decisione

Col primo motivo si denunzia violazione degli artt. 1140, 832 e 1027 cc.

Non sono ammesse servitù irregolari.

Col secondo motivo si lamenta violazione dell'art. 1168 per inesistenza della situazione possessoria dei ricorrenti.

Col terzo motivo si deduce violazione degli artt. 1168 cc, 100, 111 e 115 cpc, insufficiente ed illogica motivazione.

La E.C., mantenendo per mesi la recinzione è l'unica responsabile dello spoglio, qualora riconosciuto.

Le censure possono esaminarsi congiuntamente.

La tutela possessoria è accordata dall'ordinamento anche rispetto a situazioni di fatto, non richiedendosi un possesso uti dominus come nel caso dell'acquisto ad usucapionem.

Occorre distinguere tra possesso utile ai fini della usucapione e situazione di fatto tutelabile in sede di azione di reintegrazione, indipendentemente dalla prova che spetti un diritto, da parte di chi è privato violentemente od occultamente della disponibilità del bene.

La relativa legittimazione attiva spetta non solo al possessore uti dominus ma anche al detentore nei confronti dello spoliator che sia titolare del diritto e tenti di difendersi opponendo che “feci sed iure feci”.

È sufficiente, in via generale, provare una situazione di fatto, protrattasi per un periodo di tempo apprezzabile con la conseguenza che, per l'esperimento dell'azione di reintegrazione, è tutelabile un possesso qualsiasi, anche se illegittimo ed abusivo, purché abbia i caratteri esteriori di un diritto reale (Cass. 1° agosto 2007 n. 16974, Cass. 7 ottobre 1991 n. 10470).

La sentenza impugnata correttamente deduce che l'azione è accordata anche per il possesso illegittimo ed abusivo purché abbia i caratteri esteriori della proprietà o di altro diritto reale.

Anche la giurisprudenza successiva a quella richiamata è in senso conforme, come sopra riportato.

Nella fattispecie è pacifico ed incontroverso che il terreno era utilizzato a parcheggio tanto che la odierna ricorrente ritenne di apporre volantini per preannunziare l'erigenda recinzione che, stando alla sentenza, sarebbe stata giustificata solo nell'immediatezza dell'occupazione e non quando la situazione di fatto si era ormai stabilizzata.

L'autore dello spoglio è stato individuato nella odierna ricorrente e nessuna esimente della propria responsabilità poteva ravvisarsi nella circostanza che la recinzione sarebbe stata mantenuta dalla E.C..

Tuttavia, proprio in relazione al parcheggio, sia pure in riferimento alla lesione del possesso invocato a titolo di servitù, questa Corte Suprema (Cass. 28 aprile 2004 n. 8137) ha statuito che “la pretesa utilizzazione per parcheggio non potrebbe rientrare nello schema di alcun diritto di servitù né di altro diritto reale. Se, infatti, il parcheggiare l'auto può essere una delle tante manifestazioni di un possesso a titolo di proprietà, non può, invece, dirsi che tale potere di fatto fosse inquadrabile nel contenuto di un diritto di servitù, posto che caratteristica tipica di detto diritto è la “realità”, e cioè l'inerenza al fondo dominante dell'utilità così come al fondo servente del peso. Nella specie la comodità di parcheggiare l'auto per specifiche persone che accedono al fondo (anche numericamente limitate) non potrebbe certamente valutarsi come una utilità inerente al fondo stesso e non, come in effetti è, un vantaggio del tutto personale dei proprietari”.

Nella presente controversia, la sentenza impugnata, dopo aver premesso (pagina quattro) il riferimento al possesso di area condominiale adibita a parcheggio recintata ad opera della D.G.T. che se ne era proclamata proprietaria, in motivazione si è limitata a dedurre (pagina tredici) la rilevanza dell'apparenza esteriore di una proprietà o altro diritto reale, omettendo di considerare che, essendo tutelabile solo il possesso corrispondente al diritto di proprietà od altro diritto reale, ne va qualificata la natura in relazione al diritto esercitato.

Il ricorso va, conseguentemente, accolto per quanto in motivazione, con cassazione della sentenza e rinvio per un nuovo esame in applicazione dei principi sopra esposti.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia per un nuovo esame e per le spese ad altra sezione della Corte di appello di Trieste.