domenica 22 marzo 2009 - Pubblicazione a cura di Francesco Morelli
E' illegittimo il sequestro probatorio del contenuto di un intero server aziendale basato sulla generica affermazione che si tratti di corpi di reato o di cose pertinenti al reato, occorrendo a tal fine una espressa motivazione in ordine alla sussistenza del vincolo di pertinenzialità tra tutti i beni sequestrati e le ipotesi di reato configurate, nonchè l'accertamento della relazione di immediatezza, ex art. 253 c.p.p., tra le cose sequestrate e l'illecito penale contestato.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
1. Dott. Guido De Maio - Presidente
2. Dott. Pierluigi Onorato - Consigliere
3. Dott. Mario Gentile - Consigliere
4. Dott. Amedeo Franco - (est.) Consigliere
5. Dott. Silvio Amoresano - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da: (Omissis)
avverso l'ordinanza emessa l'11 luglio 2008 dal tribunale del riesame di Rimini;
udita nella udienza in camera di consiglio del 18 novembre 2008 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Vincenzo Geraci, che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata in riferimento al secondo motivo;
udito il difensore avv. Al.Me.;
Svolgimento del processo
Con l'ordinanza impugnata il tribunale del riesame di Rimini rigettò l'istanza di riesame proposta da (Omissis) avverso il decreto 10 giugno 2008 del pubblico ministero di Rimini che aveva disposto la perquisizione ed il sequestro probatorio di documenti e supporti informatici in uso alla società che potessero essere utili ai fini delle indagini in ordine all'ipotizzato reato di cui all'art. 513 cod. pen.
L'indagato propone ricorso per cassazione deducendo:
1) violazione dell'art. 523 cod. proc. pen. perché il tribunale ha ritenuto legittimo il sequestro del contenuto di un intero server aziendale per accertarne la provenienza delittuosa e motivazione solo apparente sul punto. Lamenta che il decreto di sequestro e l'ordinanza impugnata hanno solo in apparenza un oggetto definito e finalità probatorie esplicitate ma in realtà vi è una assoluta genericità dei beni oggetto di apprensione e la mera apparenza di una congrua motivazione. In effetti vi è stato il sequestro di tutta la documentazione aziendale e del contenuto dell'intero server non perché vi fosse pertinenza con un reato ma per valutare se fossero di provenienza delittuosa.
Ossia si è disposto il sequestro per cercare la notitia criminis. Vi è quindi una sostanziale assenza di motivazione sulle finalità probatorie.
2) assenza e totale omessa motivazione in ordine al vincolo di pertinenzialità dei beni sequestrati rispetto alle ipotesi di reato indicate nel provvedimento di sequestro.
Motivi della decisione
Ritiene il Collegio che il primo motivo sia infondato in quanto l'ordinanza impugnata contiene una adeguata e congrua motivazione sulla sussistenza delle finalità probatorie che giustificano il sequestro, il quale è stato adottato al fine di consentire l'effettuazione di una consulenza tecnica sul materiale acquisito, resa necessaria in considerazione delle peculiari ipotesi di reato contestate, le quali presuppongono l'esame e la comparazione della documentazione industriale (progetti,
know-how) e contabile sulla base di particolari cognizioni tecniche, nonché in considerazione dell'esigenza di utilizzare la detta documentazione in sede di escussione della persone informate sui fatti.
E' invece fondato il secondo motivo perché effettivamente è stata totalmente omessa la motivazione sulla necessaria sussistenza del vincolo di pertinenzialità tra tutti i beni sequestrati e le ipotesi di reato configurate, sebbene l'eccezione di insussistenza di tale vincolo fosse stata espressamente sollevata con l'istanza di riesame. Sono stati infatti sottoposti a sequestro probatorio una gran massa di documenti, file, supporti informatici, oggetti vari di provenienza, nonché il contenuto dell'intero server aziendale oltre che tutta la documentazione aziendale (di qualsivoglia genere) appartenente alla (Omissis) anche nelle parti in cui non è stato evidenziato alcun riferimento con la società querelante e concorrente (Omissis). II tribunale del riesame sul punto si è limitato ad affermare che il sequestro era circoscritto ai documenti e supporti informatici contenenti dati, informazioni, progetti tecnici relativi alla produzione e sviluppo delle macchine della (Omissis) o alla commercializzazione di tali macchine sicché tutti i beni sequestrati avevano la natura di corpo di reato o almeno di cose pertinenti al reato. Sennonché si tratta di una motivazione meramente apparente, e quindi in sostanza inesistente, perché a fronte della espressa eccezione sollevata dal ricorrente nel senso che la gran parte dei beni sequestrati non avevano invece alcun riferimento con la società (Omissis) ed a fronte della molteplicità e varietà dei beni risultanti dai verbali di sequestro, il tribunale non poteva limitarsi a dire apoditticamente che si trattava di corpi di reato o di cose pertinenti al reato, ma doveva specificare, in relazione ai diversi beni o alle diverse categorie di beni sequestrati, quale fosse il loro vincolo di pertinenzialità rispetto ai reati ipotizzati. E' giurisprudenza pacifica, infatti, che in tema di sequestro probatorio il giudice del riesame deve, tra l'altro, accertare anche l'esistenza della relazione di immediatezza, descritta nel secondo comma dell'art. 253 cod. proc. pen., tra le cose sequestrate e l'illecito penale (Sez. Un., 11.11.1994, Ceolin, n. 199172).
L'ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata per mancanza di motivazione sul punto, con rinvio al tribunale di Rimini per nuovo giudizio.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Rimini.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 18 novembre 2008.
L'estensore
Amedeo Franco
II Presidente
Guido De Maio