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Cassazione Civile, Sez. III, sentenza del 8/2/2008 (dep. 4/3/2008) n.5795/2008
martedì 1 aprile 2008 - Pubblicazione a cura di

Criteri per la liquidazione del danno biologico.

Nel caso di accertamento di un danno biologico di rilevante entità e di duratura permanenza, il danno morale, come lesione dell'integrità morale della persona (art. 2 e 3 della Costituzione in relazione al valore della dignità anche sociale, ed in correlazione alla salute come valore della identità biologica e genetica) non può essere liquidato in automatico e pro quota come una lesione di minor conto. Il danno morale è ingiusto così come il danno biologico e nessuna norma costituzionale consente al giudice di stabilire che l'integrità morale valga la metà di quella fisica. Il danno morale ha una propria fisionomia, e precisi referenti costituzionali, attenendo alla dignità della persona umana, e dunque il suo ristoro deve essere tendenzialmente satisfattivo e non simbolico".
 
Cassazione Civile, Sezione III
Sentenza n. 5795/2008 
 
Svolgimento del processo
ll 25 maggio 1995 in Corno, C. W., mentre era intento, come pedone, a scaricare dal bagagliaio della propria Golf, regolarmente parcheggiata, degli oggetti, veniva investito e schiacciato dal furgone condotto da N. Pietro, riportando lesioni gravi. Con citazione 30 gennaio 1997 W. C., in proprio e nella qualità di legale rappresentante della s.n.c. omonima e la moglie M. P. M. in C. convennero dinanzi al Tribunale di Corno il conducente Pietro N. , l'utilizzatore del furgone, Mario N. , la società proprietaria San P. ... e l'assicuratore R. & S. e ne chiesero la condanna in solido al risarcimento di tutti i danni patrimoniali, non patrimoniali e biologici derivati dallo incidente. Si costituivano i convenuti contestando il fondamento delle pretese e interveniva in giudizio l'Inail che esercitava il diritto di surroga per le prestazioni erogate al lavoratore infortunato. La causa era istruita con prove orali, documentali e con espletamento di CTU medico legale e contabile sul danno patrimoniale reddituale. Il Tribunale di Como con sentenza del 23 febbraio 2000, accertava la responsabilità esclusiva di Pietro N. e condannava i convenuti in solido (con la esclusione della San P. ...) al pagamento in favore degli attori della somma complessiva di L.629.922 mentre riconosceva all'Inail la surroga per l'importo di L 86.466.331, con la condanna alla rifusione delle spese di lite. La sentenza era impugnata con autonomi atti di appello dalle parti lese e dai convenuti; i gravami erano riuniti; si costituiva la San P. ..., restava contumace l’Inail.
La Corte di Appello di Milano con sentenza del 8 aprile 2003 così decideva: a) conferma la prima decisione in punto di accertamento della responsabilità esclusiva di Pietro N. nella causazione del sinistro; b) In parziale riforma condanna i N. (Pietro e Mario) e l’assicuratrice R. a corrispondere a W. C., in proprio e nella qualità, la somma di Euro 291.021,87 con interessi dalla sentenza di primo grado (vedi amplius in dispositivo); c) Respinge la domanda proposta da M. Maria in C.; d) Ridetermina le spese di primo e secondo grado ponendole per i 4/5 a carico dei responsabili solidali.
Contro la decisione ricorrono: con ricorso principale (26684-03) i C. e la società omonima s.n.c. deducendo vari motivi nell'interesse dei vari ricorrenti; resiste l’assicuratrice con controricorso e ricorso incidentale (25/04). Questa Corte con ordinanza 4 luglio 2007 ha disposto l'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'Inail. Tale adempimento risulta eseguito e lo Inail ha resistito con controricorso. I ricorsi, principale e incidentale, sono stati previamente riuniti.
Motivi della decisione meritano accoglimento, per quanto di ragione, i ricorsi principali svolti in un contesto unico, ma con riferimenti alle singole posizioni, nei confronti dei responsabili civili solidali, dell'assicuratrice e dell'Inail in punto di surrogazione: deve essere invece rigettato il ricorso incidentale in quanto manifestamente infondato. Precede l'esame del ricorso principale che seguirà le censure con riferimento alle posizioni delle parti lese.
A. Esame del ricorso principale. Domande proposte da wW.C. nello interesse proprio.
Primo Motivo.
Deduce il pedone leso (età 57 anni, invalidità del 45%) la sottovalutazione del danno biologico, in quanto, pur essendo l'evento lesivo del 25 maggio 1995, le tabelle attuariali applicate dalla Corte di appello nel 2003, sono quelle del 1996, senza tener conto della rivalutazione nel frattempo maturata (al 2003). La Corte di appello  risponde alla censura, che le tabelle attuariali sono indicative e che non vi è obbligo, per chi le applica, di tenerle aggiornate. Così evidenziando un errore di logica giuridica, posto che il credito da illecito è credito di valore, e la natura del danno è di menomazione permanente, onde la parte lesa ha diritto al risarcimento integrale del danno reale, ai valori attuali, specie quando i responsabili civili e l'assicurazione ritardano il pagamento. Se le Corti lombarde brillano per i calcoli matematici e le periodiche rivalutazioni delle tabelle attuariali, che operano la metamorfosi del danno biologico in equivalente economico, non è indifferente alla valutazione equitativa della Corte l'applicazione di calcoli aggiornati, specie se il mancato adeguamento determina una minore quantificazione del danno biologico che nella specie è grave. Parimenti apodittica è la esclusione della valenza del danno estetico per la presenza sul corpo di estese cicatrici non mimetizzabili e la marcata zoppia, che richiede un supporto meccanico per la corretta deambulazione (pag 8 CTU). Tali elementi devono essere autonomamente considerati come componenti personalizzanti del danno fisico accertato nella misura medico legale del 45% e determinano l'esigenza di una ulteriore valutazione maggiorativa incidendo sulla menomazione biologica complessivamente considerata. Il principio di diritto violato, cui il giudice di rinvio deve attenersi, è il seguente: nella valutazione del danno biologico, come lesione della salute, il medico legale deve considerare, con valutazione scientifica, la gravità del danno, tenendo conto di tutte le componenti fisiche, psichiche, interrelazionali, estetiche, dinamiche e di perdita della capacità lavorativa generica, avvalendosi eventualmente di elaborati scientifici, e considerando tutte le circostanze dedotte o esaminate in relazione alla stabile invalidità ed al mutamento delle condizioni biologiche di vita della parte lesa; il giudice, a sua volta, applicando alla caratura del danno biologico le tabelle attuariali vigenti nel tribunale o nella Corte, ovvero le tabelle maggiormente testate a livello nazionale (e tali sono le tabelle milanesi, per comune opinione degli esperti in materia) dovrà liquidare il danno reale ai valori attuali, tenendo conto del momento della liquidazione, ed applicando rivalutazione e interessi ed, compensativi o da ritardo, secondo i noti criteri indicati da questa Corte a SSUU civili il 17 febbraio 1995 nella sentenza n. 1712. Il principio del risarcimento del danno integrale della salute, come è noto, è costituzionalmente garantito (cfr. Corte Cost. 14 giugno 1986 n. 184, e direttamente, i precetti degli artt. 2, 3, 32 Cost. tra di loro coordinati) e la garanzia esige una attenta e logica valutazione da parte dei giudici del merito, che devono tendere, nella equità di cui all'art. 2056 e 1226 del codice civile, al ristoro del danno reale ai valori attuali al tempo della liquidazione, posto che la lite civile deriva dal mancato tempestivo adempimento dell'obbligo risarcitorio (fatta salva la verifica del fondamento delle pretese nel contraddittorio tra le parti) dei responsabili civili e della solidale assicurazione. Il fatto che l'impegno valutativo richiede la neutralità della scienza e l'onestà del calcolatore, esige una chiarezza ed una trasparenza valutativa che non può essere occultata con formule apodittiche o con automatismi che rendono veloci ma ingiuste le decisioni prese. 
Secondo Motivo.
Il motivo per W. C. attiene alla sottovalutazione del danno morale valutato, apoditticamente, nella misura del 50% del danno biologico, sempre al fine (errato) di dar luogo da una valutazione in automatico. La rideterminazione del danno biologico, per le ragioni dette, varrebbe di per sé a modificare in melius la riliquidazione del danno morale. Il principio di diritto che questa Corte ritiene violato e di cui esige il rispetto da parte del giudice del rinvio è il seguente: nel caso di accertamento di un danno biologico di rilevante entità e di duratura permanenza, il danno morale, come lesione della integrità morale della persona (art. 2 e 3 della Costituzione in relazione al valore della dignità anche sociale, ed in correlazione alla salute come valore della identità biologica e genetica) non può essere liquidato in automatico e pro quota come una lesione di minor conto. Il danno morale è ingiusto così come il danno biologico, e nessuna norma costituzionale consente al giudice di stabilire che l'integrità morale valga la metà di quella fisica. Il danno morale ha una propria fisionomia, e precisi referenti costituzionali, attenendo alla dignità della persona umana, e dunque il suo ristoro deve essere tendenzialmente satisfattivo e non simbolico. Non a caso il legislatore precostituzionale del 1942 lo aveva collocato sotto una norma autonoma, non certo per sottovalutarlo.
Terzo Motivo. Si deduce l'error in iudicando ed il vizio della motivazione in punto di errata liquidazione del danno patrimoniale e di errata detrazione della intera rivalsa Inail comprese spese mediche ed indennità giornaliera. Sul punto della liquidazione del danno patrimoniale la Corte di appello ha ritenuto di seguire il metodo del CTU che ha scorporato il reddito di lavoro da quello dell'impresa, ed ha calcolato il reddito netto da lavoro, al lordo delle imposte sul reddito e di altri oneri, per poi moltiplicarlo per il quoziente di invalidità permanente, pervenendo alla somma di L. 93.046.473. Le censure espresse (ff 10 a 15 del ricorso) si fondano essenzialmente su due punti: il primo attiene al fatto che l'art. 4 della legge 1977 n. 39, come norma speciale ed eccezionale, non può trovare applicazione estensiva nel rapporto aquiliano tra danneggiato e danneggiante, che è diverso e indipendente dal rapporto esecutivo; il secondo attiene al travisamento del concetto di reddito netto, sempre ai sensi del citato art. 4 e sulla base di precedenti di questa Corte (Cass. 1996 n. 5680 ed ora anche 20 aprile 2007 n. 9510, in parte motiva, che pone alla base del calcolo del lucro cessante il reddito al lordo dei contributi ed oneri fiscali). In relazione a tali censure il motivo dev'essere accolto, dovendo il calcolo del lucro cessante essere fatto con metodo distinto per l'assicuratore e per il responsabile civile, pur nel vincolo di solidarietà, e tenendo conto dell'ultimo orientamento di questa Corte, in quanto più favorevole al lavoratore infortunato. Sul punto della detrazione delle somme per la rivalsa Inail, la censura è parimenti fondata in relazione alla limitazione della medesima alle voci patrimoniali aggredibili, restando escluse le spese mediche, per certificazione medica e per accertamenti medico legali dell'Inail stesso, che non attengono alle poste in ordine alle quali opera la rivalsa. Dovrà inoltre essere correttamente applicato lo scarto vita media, vita lavorativa, secondo i dati scientifici obbiettivamente riscontrabili al tempo dell'incidente.
Quarto Motivo. Deduce error in iudicando per errato calcolo di rivalutazione e interessi sulle somme liquidate. Il motivo resta assorbito, dovendosi rideterminare la quantificazione dei danno ai valori attuali, con interessi compensativi da ritardo e legali a partire dalla liquidazione delle somme globalmente dovute.
Quinto motivo Sulla iniquità delle compensazioni delle spese per un quinto: resta assorbito atteso che vi è cassazione con rinvio anche per il governo delle spese processuali secondo il principio della soccombenza. B. Esame della posizione di M. M.P. La M., moglie del gravemente leso, pone due censure: la prima è fondata, la seconda resta assorbita. È fondata la censura che riguarda il mancato riconoscimento del danno ingiusto conseguente al dispendio di tempo e di affetti per il tempo della assistenza al marito, che il primo giudice aveva quantificato in 15 milioni. La Corte di appello ha considerato la posta di natura" patrimoniale e l'ha esclusa in difetto di prova. La motivazione è tuttavia, come dedotto dalla ricorrente, illogica e capziosa. Il tempo sottratto dalla moglie per la doverosa e penosa assistenza al marito, è di per sé valutabile come danno ingiusto non patrimoniale e liquidabile in via equitativa, pur non essendo assimilabile ad un lavoro ma ad una prestazione di solidarietà come tale valutabile in via equitativa (ai sensi dell'art. 2059 cod. civile). Resta assorbita la seconda censura (sulla statuizione riguardante l'imposta di registro in ordine alla quale è opportuna una espressa pronuncia, essendo le spese a carico della parte soccombente). C. Esame della posizione della s.r.l. c. t.. La società articola due motivi: a) deduce error in iudicando e vizio della motivazione in punto di rivalutazione ed interessi sulle somme che la società ha pagato ai collaboratori assunto per il periodo di malattia del C. W.. La Corte ha riconosciuto il documentato esborso di L 27.232.000 ma non ha concesso rivalutazione e interessi, posto che le somme a credito non sono state tempestivamente pagate. Il motivo è fondato, posto che il danno ingiusto patrimoniale deriva da illecito, ed è debito di valore, ancorché afferente ad una retribuzione. B) deduce la violazione art. 92 c.p.c. e l'omessa motivazione in ordine al pagamento della imposta di registro. Il motivo è assorbito, fermo il principio che le spese di registro sono a carico della parte soccombente.
D) Esame del ricorso incidentale della R. & sun. Il ricorso è manifestamente infondato. Nel primo motivo si deduce l’error in iudicando per violazione degli artt. 2043, 2096, 2697 c.c., art. 1 e 2 legge 1990 n. 233, in relazione agli articoli 360 nn 3 e 5 c.p.c.. La tesi è che la prova del versamento dei contributi Inail ed Inps ai collaboratori assunti per la malattia del C. W. meritavano una prova documentale e non potevano essere sostituita dalla deposizione del teste Montorfano. Sul punto vi è adeguata motivazione (ff 10) della Corte, che ha anche indicato il documento che consente la ricostruzione dei versamenti, non senza rilevare che il teste escusso è il fiscalista. Deduce ancora il ricorrente che manca la prova del nesso causale tra le nuove assunzioni temporanee e l'evento di danno. Ma il danno patrimoniale emergente è conseguenza diretta dello illecito e dunque è danno consequenziale risarcibile.
Nel secondo motivo si deduce l'error in iudicando per la compensazione delle spese di secondo grado. Il motivo resta assorbito dalla cassazione con rinvio, che tuttavia sembra aggravare la posizione dell'assicuratrice resistente. In conclusione il ricorso principale viene accolto nei sensi di cui in motivazione, mentre dev'essere rigettato il ricorso incidentale; il rinvio è, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
P.Q.M.
riunisce i ricorsi,accoglie per quanto di ragione il ricorso principale C. W. M. M. P. e società C., rigetta il ricorso incidentale, cassa e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione al altra sezione della Corte di appello di Milano.