domenica 2 novembre 2008 - Pubblicazione a cura di Roberto Cerasaro
ACCERTAMENTO INDUTTIVO LEGITTIMO ANCHE SE C’E’ FURTO DELLE SCRITTURE CONTABILI
Con sentenza 16 aprile 2008, n. 9919, la Corte di Cassazione ha sancito che in caso di furto della documentazione contabile, l’Amministrazione finanziaria è comunque legittimata all’accertamento analitico-induttivo, restando a carico del contribuente l’onere di rovare la sussistenza di componenti negativi deducibili dal reddito d’impresa.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando - Presidente
Dott. CICALA Mario - Consigliere
Dott. BURSESE Gaetano Antonio - Consigliere
Dott. CARLEO Giovanni - Consigliere
Dott. DI BLASI Antonino - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
N.D. residente a (OMISSIS) e da GARDESANA GESTIONE di NICOLIS DINO & C. SNC, in persona del socio amministratore N.D., con sede in (OMISSIS), rappresentati e difesi, giusta procura a margine del ricorso, dagli Avv.ti Montresor Romeo e Rigoli Francesco, elettivamente domiciliati nel relativo studio in Roma, Via S. Tommaso D'Aquino, 119;
- ricorrenti -
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro tempore;
- intimata -
avverso la sentenza n. 88/15/02 della Commissione Tributaria Regionale di Verona - Sezione n. 15^, in data 13/03/2002, depositata il 03/05/2002;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/01/2008 dal Cons. Dott. Antonino Di Blasi;
Udito, altresì, il Sostituto Procuratore Generale Dott. Fuzio Riccardo, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La società Gardesana snc di Nicolis Dino & C., impugnava in sede giurisdizionale gli avvisi di accertamento, ai fini Irpef ed Ilor per gli anni 1991 e 1992, con cui l'Ufficio Distrettuale II.DD. di (OMISSIS), rettificava, aumentandolo, il reddito dichiarato ed irrogava le sanzioni.
In esito a tale accertamento in capo alla società venivano, pure, rettificati, pro quota, i redditi dei soci, i quali impugnavano, del pari, gli avvisi loro notificati.
Veniva dedotto lo smarrimento della documentazione contabile della società ed eccepita l'insufficiente motivazione degli avvisi di accertamento e la carenza di elementi probatori.
L'adita C.T.P. di Verona, previa riunione dei ricorsi, li accoglieva parzialmente, rideterminando il reddito della società e dei soci, giusta decisione che, in sede di appello, veniva confermata dalla C.T.R., con la pronuncia in epigrafe.
In particolare, i Giudici di Secondo Grado, rigettavano le impugnazioni proposte sia dall'Agenzia delle Entrate sia dai contribuenti; rilevavano che le doglianze con le quali si deduceva la carenza di motivazione degli avvisi di accertamento erano prive di pregio, in quanto gli atti impositivi risultavano congruamente motivati e, d'altronde, che i costi, afferenti agli accertati ricavi, erano stati, correttamente, determinati in via induttiva dall'Ufficio, stante il fatto che i contribuenti non avevano prodotto alcuna documentazione e che l'onere probatorio gravava sugli stessi.
Con ricorso notificato il 16 giugno 2003, i contribuenti in epigrafe indicati hanno chiesto la cassazione dell'impugnata sentenza.
L'intimata non ha svolto difese in questa sede.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorrenti censurano l'impugnata decisione per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, lett. d), per non avere considerato che il metodo di accertamento adottato era errato, e del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 51, 52 e 53, per avere l'Ufficio determinato il maggior reddito in spregio ai principi ed alle norme applicabili, nonchè, per omessa insufficiente, contraddittoria ed illogica motivazione.
Trattasi di censure infondate.
Rileva il Collegio, che la Commissione Regionale, alla stregua degli atti e della documentazione esaminati, dopo avere affermato la legittimità degli avvisi di accertamento, avendo rilevato che gli stessi erano assistiti da congrua e idonea motivazione, ha respinto le doglianze dei contribuenti in merito al riconoscimento dei costi, nella considerazione che, in assenza delle prescritte scritture contabili - che i medesimi contribuenti evidenziavano di avere smarrito - ed in assenza di qualsiasi prova, correttamente l' Ufficio avesse fatto riferimento agli elementi desumibili dalle risultanze ispettive della Guardia di Finanza.
I Giudici di merito, in vero, con argomentazione, sotto il profilo logico - formale, corretta e quindi insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 12980/02, n. 4865/01), hanno ritenuto che la rilevanza impositiva delle operazioni accertate dall'Ufficio non era scalfita dalle giustificazioni prospettate dai contribuenti, dal momento che, per un verso, il dedotto smarrimento della documentazione, di per sè ed in assenza di elementi di riscontro, non poteva giustificare i costi e, considerato, sotto altro profilo, che gravava sui contribuenti, l'onere di provare i fatti che legittimavano il riconoscimento dei costi (Cass. n. 13605/2003, n. 6341/2002).
Infatti, costituiscono principi condivisi, sia quello secondo cui "In tema di accertamento delle imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito d'impresa, l'onere della prova circa l'esistenza dei fatti che danno luogo ad oneri e costi deducibili, ivi compreso il requisito dell'inerenza, incombe al contribuente che invoca la deducibilità" (Cass. n. 16198/2001, n. 11514/2001), sia quell'altro, affermato in riferimento a fattispecie che poneva problematica similare, per il quale "spettando al contribuente l'onere di provare la legittimità e la correttezza delle detrazioni, mediante l'esibizione dei relativi documenti contabili, quando costui non è in grado di dimostrare la fonte che giustifica la detrazione per avere denunciato un furto della contabilità, non spetta all'amministrazione di operare un esame incrociato dei dati contabili ma al contribuente di attivarsi, attraverso la ricostruzione del contenuto delle fatture emesse; con l'acquisizione - presso i fornitori - della copia delle medesime; nè una denuncia di furto è di per se stessa sufficiente a dare prova dei fatti controversi, se priva della precisa indicazione riguardante le singole fatture e il loro contenuto" (Cass. n. 13605/2003, n. 6341/2002).
L'adottata decisione appare in linea con tali principi e le doglianze formulate, peraltro in modo non specifico, non ne incrinano la motivazione, tenuto conto che il riconoscimento dei costi viene invocato, senza che degli stessi vengano indicati tipologia, importi e documenti rappresentativi e che, d'altronde, il negativo apprezzamento della contabilità, quale ricostruita e messa a disposizione dai contribuenti, rientra nel potere discrezionale, tipico del Giudice di merito.
In buona sostanza, le doglianze formulate con il ricorso, risolvendosi nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto esaminati e valutati dal giudice di merito, si pongono in contrasto con il condiviso e consolidato principio secondo cui "in tema di accertamento dei fatti storici allegati dalle parti a sostegno delle rispettive pretese, i vizi motivazionali deducibili con il ricorso per cassazione non possono consistere nella circostanza che la determinazione o la valutazione delle prove siano state eseguite dal Giudice in senso. difforme da quello preteso dalla parte, perchè a norma dell'art. 116 c.p.c., rientra nel potere discrezionale - e come tale insindacabile - del Giudice di merito apprezzare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza e scegliere, tra le varie risultanze istruttorie, quelle ritenute idonee e rilevanti con l'unico limite di supportare con adeguata e congrua motivazione l'esito del procedimento accertativo e valutativo seguito" (Cass. n. 11462/04; n. 2090/04).
L'impugnazione va, dunque, rigettata.
Non sussistono i presupposti per una pronuncia sulle spese.
P. Q. M.
La Corte, rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2008.
Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2008