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Sezione di Barletta

 
   
sabato 23 novembre 2024 - ore 15:36
Cassazione Civile, Sez. Tributaria, Sentenza 11/04/2008, n. 9496
giovedì 30 ottobre 2008 - Pubblicazione a cura di Roberto Cerasaro

TRIBUTI - RESPONSABILITA' DELLA SOCIETA' PER L'AMMINISTRATORE DI FATTO

La società risponde verso l’amministrazione finanziaria anche degli illeciti (nella specie, emissione di fatture false) compiuti non dal legale rappresentante ma dall’amministratore di fatto, benché questi non sia neppure socio.


 
LA CORTE SUPREMA
DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
Dott. SACCUCCI Bruno - Presidente -
 
Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio - Consigliere -
 
Dott. TIRELLI Francesco - Consigliere -
 
Dott. DI BLASI Antonino - rel. Consigliere -
 
Dott. VIRGILIO Biagio - Consigliere -
 
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, nei cui uffici, in Roma, Via dei Portoghesi, 12 è domiciliata; - ricorrente -
contro
C. S.R.L., già con sede in (OMISSIS), in persona del Curatore Fallimetare pro tempore;
- intimata -
avverso la sentenza n. 385/01/2004 della Commissione Tributaria Regionale di Napoli - Sez. n. 01, in data 11/10/2004, depositata il 05/11/2004;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11 gennaio 2008 dal Relatore Cons. Dr. Antonino Di Blasi;
Sentito il rappresentante dell'Avvocatura Generale dello Stato;
Sentito il Sostituto Procuratore Generale dott. Giacomo Caliendo che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
 
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
 
La società contribuente impugnava in sede giurisdizionale l'avviso di rettifica dell'Ufficio IVA di Caserta, con il quale, per l'anno d'imposta 1990, era stata accertata la maggiore imposta dovuta, in dipendenza dell'omessa registrazione di fatture emesse per operazioni inesistenti.
Deduceva la ricorrente, che le fatture in questione non giustificavano la maggiore imposizione, sia perchè la società non aveva mai intrattenuto rapporti con i soggetti che risultavano avere utilizzato fatture emesse da essa 'contribuente, sia pure perchè detti documenti fiscali non erano riconducibili alla società in quanto abusivamente formati da persona non legittimata, anche se svolgente le funzioni di amministratore di fatto.
L'adita Commissione Tributaria Provinciale di Caserta accoglieva il ricorso, con decisione che, in sede di appello, veniva confermata dalla C.T.R., giusta sentenza in epigrafe indicata.
In particolare, quest'ultima riteneva di dover confermare la decisione del giudice di primo grado, nella considerazione che nessuna responsabilità fiscale potesse derivarne alla società, stante che le fatture per operazioni fittizie erano state emesse da soggetti estranei alla società.
Con ricorso notificato il 21-22-29 dicembre 2005, ed affidato a due mezzi, l'Agenzia delle Entrate, ha chiesto la cassazione dell'impugnata decisione.
La società intimata non ha svolto difese in questa sede.
Con istanza 12.10.2006, il Sostituto Procuratore Generale ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.
Con provvedimento, reso all'udienza del 15.02.2007, la Corte ha rinviato la causa alla pubblica udienza.
 
MOTIVI DELLA DECISIONE
 
Preliminarmente, nonostante la originaria richiesta scritta del P.M. - va riconosciuta e dichiarata l'ammissibilità dell'impugnazione, atteso il fatto che il termine lungo di un anno e 46 giorni entro il quale l'appello doveva essere notificato, nel caso, risulta osservato.
Considerato, infatti, che dagli atti in esame si evince che la sentenza di primo grado è stata depositata in cancelleria in data 05.11.2004, e che l'atto di appello è stato consegnato all'Ufficiale Giudiziario (vedi certificazione in atti dell'Uff. Notifiche Corte d'Appello di Roma del 23.02.2006) per la notifica il 21 dicembre 2005 - cron. 37371 -, e spedito a mezzo posta il successivo 22 dicembre 2005, deve ritenersi irrilevante il fatto che la relativa ricezione, sia avvenuta, giusto avviso di ricevimento, in data 29 dicembre 2005.
E ciò in applicazione dell'ormai pacifico orientamento giurisprudenziale (Cass. n. 15809/2005, n. 4610/2005, n. 8447/2004), consolidatosi a seguito delle sentenze della Corte Costituzionale n. 477 del 2002 e n. 28 del 2004, che riconosce effetti impeditivi della decadenza alla mera consegna dell'atto all'Ufficiale notificante. La ricorrente censura l'impugnata decisione per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 7, della L. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 12, del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 11, comma 1, e art. 2697 e ss. c.c. nonchè per insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia.
Deduce l'erroneo operato dei Giudici di merito, nello escludere la responsabilità della società, a motivo che le violazioni fiscali risultavano commesse da soggetti diversi da quelli che avevano la rappresentanza sociale, e ciò sia perchè, nel caso, le infrazioni erano, inequivocamente, riconducibili a soggetto che aveva svolto, sia pure in via di mero fatto, le funzioni di amministrazione, sia per avere dato illogica e contraddittoria motivazione del decisum, omettendo di considerare la pacifica circostanza che l'autore delle fatture fittizie era il marito della socia di maggioranza, e di valutare che lo stesso legale rappresentante pro tempore della società, in sede di operazioni di verifica (pag. 13 del p.v.c.), aveva espressamente riconosciuto che l'effettivo dominus ed amministratore di fatto della società era proprio il responsabile materiale delle false fatturazioni.
Trattasi di doglianze fondate.
In effetti, la motivazione appare illogica e contraddittoria, in quanto i giudici di merito, subito dopo avere escluso l'obbligo fiscale della società, a motivo che le contestate infrazioni erano state commesse da "soggetti estranei alla società" stessa, ed avere convenuto che a diversa conclusione si sarebbero, invece, indotti nel caso in cui fosse stata fornita la prova che "gli emittenti delle fatture avessero operato con il consenso sia pure tacito degli amministratori della COMINA", hanno riconosciuto, sia pure al fine di giustificare la compensazione delle spese, che la situazione emersa dalle indagini della G. di F. era complessa e caratterizzata "dall'indubbio coinvolgimento negli illeciti in parola di persone che pur frequentavano e si ingerivano, anche prive dei relativi poteri, nell'amministrazione della società". Le argomentazioni utilizzate configurano il denunciato vizio, non essendo comprensibile sotto il profilo logico, nè essendo in alcun modo spiegato, come possa essere stato escluso, anche "il consenso, sia pure tacito, degli amministratori della Comina", pur in presenza di "persone che frequentavano e si ingerivano, anche se prive dei relativi poteri, nell'amministrazione della società".
La motivazione è, pure, insufficiente in quanto omette di esaminare e valutare che l'autore della fatturazione di operazioni inesistenti si identificava con l'effettivo dominus ed amministratore di fatto della società, che tale circostanza, rilevante e decisiva, era pacifica in causa, anche perchè, - giuste risultanze del p.v.c. pag.
13 -, espressamente ammessa, nel corso delle operazioni di verifica, dal soggetto che, ufficialmente, rivestiva la carica di rappresentante legale della società.
In buona sostanza, le argomentazioni della C.T.R. non solo appaiono inadeguate sotto il profilo della coerenza logico formale, rivelando un sintomo d'ingiustizia nella soluzione della questione di fatto, ma pure rivelano decisive pretermissioni di elementi, che ove esaminati e valutati, avrebbero, ragionevolmente, potuto indurre ad un diverso decisum.
Conclusivamente, il ricorso va, per tali ragioni, accolto, con assorbimento di ogni altro profilo di doglianza, e, per l'effetto cassata l'impugnata sentenza.
Il Giudice del rinvio, che si designa in altra sezione della C.T.R. della Campania, procederà al riesame e pronuncerà, anche sulle spese del presente giudizio di legittimità, motivando congruamente.
 
P.Q.M.
 
La Corte accoglie il ricorso; cassa l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio ad altra sezione della C.T.R. della Campania.
 
Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2008.