lunedì 31 marzo 2008 - Pubblicazione a cura di Francesco Morelli
Legittimo il rito abbreviato richiesto da difensore di fiducia, pur senza procura speciale, qualora l'imputato presente non eccepisca alcunché.
Svolgimento del procedimento e motivi della decisione.
Con sentenza 14-3-00 il Tribunale di Bologna, a seguito di giudizio abbreviato, dichiarava M. C. responsabile di estorsione continuata ex artt. 81, 629 c. 1 c.p. (perché, essendo direttore commerciale della s.p.a. Alfa ovvero presentandosi come tale a S. A., titolare della ditta Beta di Ravenna, legata da contratto di appalto con la citata società, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, mediante minaccia di far revocare il contratto di cui sopra, costringeva la predetta a consegnargli una percentuale del 15% dei corrispettivi mensilmente pagati dalla Alfa s.p.a. alla Beta, per un totale di lire 200 milioni; fatti commessi tra il gennaio 1991 ed il marzo 1993): con le attenuanti generiche, la continuazione e la diminuente del rito lo condannava a pena di giustizia.
La Corte di appello di Bologna, con pronuncia 4-5-05, riteneva che l’attività criminosa fosse cessata nel dicembre del 1992 e riduceva l’inflitta sanzione, concedendo i doppi benefici di legge; confermava nel resto la gravata decisione.
Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione l’imputato in base ai motivi infradescritti.
1 - Nullità dell’ordinanza 3-9-99 con la quale il Tribunale aveva disposto che si procedesse a giudizio abbreviato; conseguente invalidità dell’intero procedimento.
All’uopo si è dedotto che la richiesta concernente il rito era stata avanzata, all’udienza, dal difensore privo di procura speciale e che l’imputato presente non era stato interpellato né aveva prestato il proprio consenso.
2 - Mancanza di motivazione con riguardo ad una prova documentale acquisita; manifesta illogicità della motivazione in relazione alle prove assunte.
In particolare è stato denunciato che la Corte territoriale non aveva adeguatamente valutato l’attendibilità della persona offesa e che non aveva tenuto conto della sentenza 24-2-05 del Tribunale civile di Bologna, emessa nella causa intentata dalla Beta contro il M. per gli identici fatti oggetto dell’imputazione; sentenza prodotta dalla difesa nel presente procedimento, in sede di appello e passata in giudicato, con la quale la domanda attorea era stata respinta, stante il carattere generico e non decisivo delle prove addotte dalla S. (in ordine alle non volontarie dazioni di denaro da lei effettuate al convenuto) nonché l’inverosimiglianza della tesi della medesima.
Il ricorso veniva assegnato alla 2° sezione penale ed il collegio, segnalato che sulla questione prospettata con il primo motivo si registrava un contrasto giurisprudenziale, rimetteva gli atti alle Sezioni Unite.
Ragioni della decisione.
Il quesito sul quale le Sezioni Unite sono chiamate a pronunciarsi si pone in questi termini: se il giudizio abbreviato sia ritualmente istaurato con la richiesta avanzata in udienza dal difensore privo di procura speciale, in presenza dell’imputato.
La risposta è rilevante poiché, nella fattispecie, risulta agli atti e specificamente dal verbale di udienza che in realtà si verificò una siffatta situazione.
Al proposito si sono delineati nell’ambito della giurisprudenza di legittimità due fondamentali orientamenti, tra loro contrapposti.
Le pronunce che sono pervenute a soluzione negativa, dopo avere richiamato il tenore letterale dell’art. 438 c.p.p. (il quale recita: “la volontà dell’imputato è espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale”), hanno sottolineato: che il giudizio abbreviato consente di utilizzare, ai fini della decisione, gli atti compiuti nella fase delle indagini preliminari; che la relativa scelta, implicando disposizione di diritti “personalissimi”, non può essere effettuata dal difensore nei limiti del proprio ordinario mandato defensionale; che la tacita presenza dell’imputato costituisce un dato neutro, non configurabile quale ratifica (Cass. 16-11-90 n. 16510 Rv. 186106; Cass. 18-2-93 n. 4804 RV. 194541; Cass. 16-3-93 n. 5300 Rv. 194199; Cass. 11-1-95 n. 3622 Rv. 201494; Cass. 5-5-04 n. 26926 Rv. 229456; Cass. 1-3-06 n. 9249 Rv. 233581; analogamente in tema di patteggiamento in appello, posto che l’art. 599 c. 4 c.p.p., nel richiamare l’art. 589 c.p.p., richiede a sua volta manifestazione di volontà avanzata “personalmente o a mezzo di procuratore speciale”: Cass. 28-10-92 n. 11946 Rv. 192606).
Nei precedenti di segno contrario è stato invece evidenziato che il difensore, nell’ipotesi de qua, assume la veste di semplice interprete o portavoce ovvero “nuncius” dell’imputato e che la procura speciale è necessaria solo in caso di assenza del diretto interessato (Cass. 13-3-97 n. 8851 Rv. 209116; Cass. 22-7-99 n. 9409 non massimata; Cass. 11-4-01 n. 27853 Rv. 220906; Cass. 19-6-07 n. 33822 Rv. 237413; del pari con riferimento al patteggiamento ex art. 444 c.p.p.: Cass. 17-6-91 n. 2461 Rv. 190154; Cass. 16-12-92 n. 1507 Rv. 195250; Cass. 15-5-95 n. 2947 Rv. 202357).
Queste Sezioni Unite ritengono di aderire alla seconda impostazione, alla luce delle seguenti considerazioni di ordine logico e sistematico concernenti la natura del rito abbreviato, la funzione del difensore e le forme di manifestazione della volontà.
Certamente, come rilevato anche dalla Corte Costituzionale (con l’ordinanza 15-12-2004 n. 57, che ha dichiarato la manifesta infondatezza, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., della questione di legittimità costituzionale dell’art.438 c. 3 c.p.p., nella parte in cui non prevede la facoltà di richiedere il giudizio abbreviato da parte del difensore dell’imputato irreperibile, non munito di procura speciale), la scelta del rito abbreviato, caratterizzato dalla possibilità di attribuire valenza probatoria agli atti assunti unilateralmente nel corso delle indagini preliminari, investe la sfera personale dell’imputato il quale deve avere piena consapevolezza del procedimento e delle conseguenze della sua opzione; né incidono le modifiche introdotte dalla Legge n. 479/1999 in quanto all’eventuale integrazione probatoria, si procede con le forme previste dall’art. 422 commi 2,3,4 c.p.p. e non già in base alle regole dettate per il dibattimento, con rinuncia quindi alla garanzia della formazione della prova in contraddittorio.
Il delineato quadro ben spiega le ragioni per le quali la legittimazione a proporre la richiesta di giudizio abbreviato, salvo l’ipotesi di delega ad un procuratore speciale, sia stata riservata al solo soggetto direttamente interessato.
Al contempo, peraltro, non può sottacersi che la scelta suddetta è di carattere tecnico e ciò comporta la necessità che l’imputato nell’operarla si consulti con il difensore, quale soggetto munito delle debite conoscenze giuridiche e sia consigliato dal medesimo, nella di lui tipica funzione di assistenza; al proposito è opportuno richiamare quanto costantemente affermato dal Giudice delle leggi secondo cui, ai fini della realizzazione del giusto processo e della sostanziale parità delle parti, occorre che la specifica capacità professionale del pubblico ministero venga a trovarsi in posizione dialettica rispetto a quella “di un soggetto di pari qualificazione che affianchi l’imputato” e si presenti come “garante della sua autonomia ed indipendenza nella condotta di causa” (sentenze Corte Cost: n. 125/79; n. 498/ 1989; ordinanze Corte Cost.: n. 421/97; n. 0182/01); d’altro canto il difensore, nell’espletare tale essenziale compito, ha il dovere di informare l’imputato e di concordare con lui le possibili strategie processuali, rappresentandogli le implicazioni che ne derivano.
Tanto premesso, si osserva che l’art. 438 c.p.p., nel disciplinare i presupposti del giudizio abbreviato prevede che la richiesta “può essere proposta oralmente o per iscritto (comma 2) e che “la volontà dell’imputato è espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale” (comma 3): la locuzione “è espressa”, nella enunciata alternativa, equivale a “è manifestata” e, poiché nessuna formula specifica è stata normativamente postulata, deve ritenersi che l’imputato possa esternare di persona il suo consenso, anche con un comportamento concludente.
Sotto codesto profilo, se il silenzio di per sé (ad eccezione del caso in cui sia la legge a stabilirne gli effetti) costituisce un fattore neutro, non v’è dubbio che esso, unitamente ad altre circostanze, sia suscettibile di assumere una determinata significatività (si veda in materia l’insegnamento della Cassazione civile: Cass. 25-8-99 n. 8891 Rv. 529439; Cass. 26-2-04 n. 3861 Rv. 570555; .Cass. 16-3-07 n. 6162 Rv. 596701).
Orbene, la presenza dell’imputato all’udienza ed il fatto che la richiesta concernente il rito speciale provenga da un soggetto non a lui contrapposto, ma che con lui costituisce la medesima “parte” processuale e che è deputato ad agire nel suo interesse, rappresentano elementi idonei a conferire all’atteggiamento silente dell’assistito portata dimostrativa di una volontà dello stesso nel senso enunciato dal difensore: il che consente di ricondurre la domanda di quest’ultimo direttamente all’imputato, nel pieno rispetto della prescrizione legislativa.
In conclusione, alla luce delle svolte argomentazioni deve enunciarsi il seguente principio di diritto: il giudizio abbreviato è legittimamente istaurato a seguito di richiesta del difensore, pur privo di procura speciale, qualora l’imputato sia presente e nulla eccepisca.
Il primo motivo di ricorso va dunque disatteso, puntualizzandosi che quanto è stato esposto assume particolare pregnanza nell’attuale vicenda, perché l’imputato era assistito da un difensore di fiducia.
Le censure sub 2 sono, a loro volta, infondate.
Il giudice penale è tenuto a procedere ad autonoma valutazione dei fatti sottoposti al suo esame, indipendentemente da quella eventualmente operata da altri giudici ed in particolare da quello civile.
Il ricorrente invoca un accertamento contenuto in una sentenza emessa in sede civile, fondato su un giudizio di inattendibilità di testi ivi escussi e sottolinea che si tratta dei medesimi soggetti le cui dichiarazioni sono state poste a fondamento della decisione impugnata: in realtà, poichè in questa risultano adeguatamente esaminate le dichiarazioni rese dalla persona offesa e da due sue dipendenti durante le indagini preliminari del presente procedimento (atti utilizzabili essendo stato adottato il rito abbreviato), la relativa valutazione non può ritenersi inficiata dalla divergenza con quella intervenuta nel processo civile, avente riguardo ad incombenti storicamente diversi.
Del resto la Corte territoriale ha dato congrua risposta a tutte le obiezioni difensive in ordine alla lettura del quadro processuale, ivi comprese quelle coincidenti con i rilievi effettuati dal giudice civile, riportati in ricorso; né in sede di legittimità valgono le denuncie dell’impugnante che si risolvono in asserti di fatto circa l’incertezza e l’inattendibilità delle prove testimoniali, senza individuare nel percorso motivazionale seguito dai giudici di merito specifici vizi di logicità.
Con precipuo riferimento alla conversazione telefonica intercettata, intercorsa tra l’imputato e la persona offesa, basti evidenziare che essa è stata ritenuta, nella pronuncia di secondo grado, semplice elemento marginale di riscontro, neppure imprescindibile: ne deriva che ogni deduzione in ordine alla sua interpretazione si palesa inconferente.
S’impone pertanto il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.