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(*): Nella caso in esame, l'imputato è stato dichiarato colpevole del reato di cui all'art. 640 c.p. e condannato alla pena di mesi 4 di reclusione ed € 400 di multa, con concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena subordinatamente al pagamento, in favore della parte civile, della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno (pari ad € 600) entro due mesi dal passaggio in giudicato della sentenza. Considerato il mancato pagamento, il P.M. ha richiesto la revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena e la contestuale applicazione dell'indulto di cui alla L. 241/2006 producendo nota dei Carabinieri ed attestazione della parte civile da cui si evince che l'imputato non aveva provveduto al suddetto pagamento. Il giudice dell'esecuzione, rilevato che il condannato non ha dimostrato - né a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, nè nel corso dell'incidente di esecuzione - di avere adempiuto alle prescrizioni impostegli, ha ritenuto che ciò fosse sufficiente a dimostrare l'inadempimento stesso e conseguentemente che il predetto beneficio dovesse essere revocato ai sensi dell'art. 168 n. 1 c.p.
In questo senso, si è affermato in giurisprudenza, in tema di equa riparazione per l'ingiusta detenzione, che non sussiste a carico dell'istante onere di allegazione della prova (negativa) di fatti impeditivi, modificativi od estintivi dell'invocato diritto: invero, pur trattandosi di un rapporto obbligatorio di diritto pubblico, l'onere della esistenza di fatti impeditivi, modificativi od estintivi del diritto del richiedente non compete a quest'ultimo ma, secondo il principio generale di cui all'art. 2697 c.c., a colui il quale l'esistenza di tali fatti intenda eccepire (Cass. pen., sez. IV, 17 dicembre 1998, Fancello). (L.Sca.)
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