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Sezione di Barletta

 
   
domenica 24 novembre 2024 - ore 07:58
Corte dei Conti - Regione Siciliana - Sez. Giurisdizionale - Sentenza 24 luglio 2008 , n. 2051 (dep. 24 luglio 2008)
domenica 24 agosto 2008 - Pubblicazione a cura di Angela Lorusso

Addetti all'ufficio dei registri immobiliari -Responsabilità - Amministrativa - Reato di concussione - Danno all'immagine
Gli addetti all'Ufficio dei Registri Immobiliari i quali, approfittando della necessità dei soggetti che erano interessati ad ottenere le visure ipotecarie in tempi brevi (i cosiddetti visuristi), costringono di fatto in modo continuato tali utenti ad elargire ad essi indebite somme di denaro per evitare ritardi nell'espletamento delle pratiche, oltre a rispondere del reato di concussione devono rispondere, a titolo di responsabilità amministrativa, per danno all'immagine della p.A. da liquidarsi in via equitativa.


 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA
composta dai magistrati:
dott. Luciano Pagliaro - Presidente
dott. Salvatore G. Cultrera - Consigliere rel.
dott. Giuseppe Colavecchio - I^ Referendario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 2051/2008
nel giudizio di responsabilità amministrativa, iscritto al n. 45258 del registro di segreteria, promosso dal procuratore regionale nei confronti di:
1 - A. C., rappresentato e difeso dall'avv. A. G. ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. C. L. F. B. in Palermo viale omissis;
2 - N. M., rappresentata e difesa dall'avv. A. G. ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. C. L. F. B. in Palermo viale omissis;
3 - C. E., rappresentato e difeso unitamente e disgiuntamente dagli avv.ti V. G. e C. L. F. B. ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Palermo viale omissis;
4 - S. U., rappresentato e difeso dall'avv. E. B. ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Messina alla via omissis;
5 - M. F., rappresentato e difeso dall'avv. M. I. ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Messina alla via omissis;
6 - B. G., rappresentato e difeso dall'avv. A. M. ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. B. M. in Palermo alla via omissis
Uditi alla pubblica udienza del 9 luglio 2008 il relatore, consigliere dott. Salvatore G. Cultrera, il pubblico ministero, nella persona del vice procuratore generale dott. ssa Adriana La Porta, l'avv. Carmelo La Fauci Belponer anche per delega dell'avv. Alberto Gullino, l'avv. Edoardo Bucca e l'avv. Annalaura Muscolino.
Esaminati gli atti e i documenti di causa
FATTO
Il pubblico ministero con atto di citazione, depositato il 29 settembre 2006, ha chiamato in giudizio M. F., nella qualità, all'epoca dei fatti, di conservatore dell'Ufficio dei Registri Immobiliari di Messina, nonché A. C., C. E., G. F., N. M., S. U. e B. G., tutti nella qualità di funzionari dello stesso Ufficio Immobiliare, a risarcire in favore dell'Agenzia del Territorio la somma complessiva di euro 140.000,00 per danno all'immagine ripartita in singole quote addebitate a ciascuno dei convenuti, del seguente rispettivo ammontare: euro 50.000, 00 per M. F.; euro 20.000, 00 ciascuno per A. C., C. E., G. F., N. M. e S. U.; euro 10.000,00 per B. G..
Risulta in atti che con sentenza n. 572702 dell'11 marzo 2002 del Tribunale di Messina venivano riconosciuti colpevoli del reato di concussione e condannati alle pene di legge i nominati M. F., A. C., C. E., G. F., N. M. e S. U.. Con la stessa sentenza B. G. veniva riconosciuto colpevole del reato di corruzione continuata e condannato alla pena di anni due di reclusione.
Dai fatti accertati nel giudizio penale - che hanno messo in risalto, relativamente al periodo che va dall'anno 1985 fino al 1996, un quadro generale di carenze organizzative e di disservizio diffuso dell'Ufficio dei Registri Immobiliari di Messina - emergeva essenzialmente che gli odierni convenuti, approfittando della necessità dei soggetti, che erano interessati ad ottenere le visure ipotecarie in tempi brevi (si trattava dei cosiddetti visuristi), avrebbero di fatto costretto in modo continuato tali utenti ad elargire ad essi indebite somme di denaro per evitare ritardi nell'espletamento delle pratiche.
La Procura regionale della Corte, avendo acquisito gli atti del procedimento penale, da cui risaltavano i comportamenti illeciti dei convenuti, ravvisava in un primo momento anche una concreta ipotesi di responsabilità amministrativa per danno erariale da disservizio che avrebbe subito l'Agenzia del territorio, successivamente riteneva che l' azione di responsabilità per tale tipo di danno non potesse essere utilmente promossa per intervenuta maturazione dei termini di prescrizione del diritto al risarcimento del danno.
Il pubblico ministero contabile ha ritenuto ampiamente provata la diversa ipotesi di responsabilità amministrativa per danno all'immagine della PA da addebitare ai convenuti medesimi, autori della grave condotta illecita reiterata nel tempo contestata ad essi nel processo penale.
A tal fine ha inteso avvalersi delle prove raccolte nel processo penale, costituite prevalentemente dalle dichiarazioni accusatorie (testimonianze) rese dai visuristi che, in sede di istruttoria dibattimentale, avrebbero concordemente riferito di essere stati costretti, per evitare intollerabili ritardi nella effettuazione delle visure, a versare cospicue somme di denaro al conservatore dott. M. e ad altri dipendenti dello stesso Ufficio. Completano il quadro probatorio le disposizioni impartite dal M. nel periodo in cui vennero consumati gli illeciti, gli ordini di servizio e la cospicua documentazione acquisita al processo.
La condotta illecita dei convenuti, sanzionata nel giudizio penale - oltre ad essere contraria ai principi di moralità e di rettitudine e ai doveri di correttezza e fedeltà propri del dipendente pubblico - avrebbe arrecato, secondo la prospettazione accusatoria, un danno certo, economicamente valutabile, all'immagine ed al prestigio della pubblica amministrazione di appartenenza. La notizia dei gravi fatti commessi dai convenuti avrebbe avuto ampia diffusione nella stampa con conseguente ricaduta sull'immagine della PA (v. in atti ampi stralci del X in cui viene riportata la definizione di operazione "mani d'oro", corrente nell'opinione pubblica, riferita alla vicenda in argomento). Nella determinazione del danno il pubblico ministero, mediante criterio equitativo ha fatto riferimento ad elementi attinenti sia al profilo soggettivo, tenendo conto del ruolo rivestito dai ciascuno dei convenuti sia al profilo oggettivo, in connessione con la reazione causata dal comportamento lesivo nell'ambiente di esercizio dell'attività dei responsabili ed anche con il considerevole ammontare presunto delle illecite dazioni di denaro che avrebbero percepito per un così lungo arco temporale (dal 1985 al 1996). L'azione risarcitoria promossa dalla Procura regionale avrebbe avuto anche una finalità di restituzione all'amministrazione, come parziale reintegro della lesione di immagine, del profitto illecitamente lucrato dai convenuti per le somme di notevole importo ricevute non sottoposte a sequestro o confisca né ad alcuna tassazione o contribuzione previdenziale.
Con sentenza n. 1809/05 depositata il 25 marzo 2006 la Corte d'Appello di Messina confermava sostanzialmente, salvo una riduzione di pena, la sentenza di condanna inflitta in primo grado agli imputati M. F., A. C., C. E., N. M. e S. U. per il reato di concussione continuata. Per quanto riguarda G. F. la Corte d'Appello dichiarava di non doversi procedere perché estinto il reato per sopraggiunta morte dell'imputata; nei confronti del B. G., già imputato di corruzione continuata, in riforma della sentenza di primo grado, veniva pronunciata sentenza di non doversi procedere essendo il reato estinto per prescrizione. Per gli imputati B. G. e G. F. la sentenza della Corte d'Appello è passata in giudicato il 23 maggio 2006.
Si costituiva in giudizio il convenuto C. A. con la difesa dell'avv. Alberto Gullino, che ha depositato memoria in data 14 febbraio 2007. Preliminarmente il difensore rendeva nota la pendenza dinanzi alla Corte di Cassazione del ricorso avverso la sentenza di condanna della Corte di Appello di Messina n. 1809/05 depositata il 25 marzo 2006 che aveva confermato sostanzialmente la sentenza di condanna di primo grado. Chiedeva, in attesa della sentenza definitiva, che il giudizio contabile fosse sospeso ai sensi dell'art. 295 c.p.c.; solo la sentenza definitiva del giudizio penale, avente ad oggetto la condotta da cui avrebbe potuto insorgere la responsabilità amministrativa per danno all'immagine, sarebbe risultata determinante ai fini della decisione sulla responsabilità stessa. Sempre in via preliminare la difesa sollevava eccezione di prescrizione sostenendo che il dies a quo avrebbe dovuto essere individuato nella data della richiesta di rinvio a giudizio presentata dal PM penale il 19 dicembre 1996; il termine quinquennale era da considerare ampiamente decorso alla data del 15 maggio 2006 di notifica dell'invito a dedurre.
In ordine al merito riteneva infondata la domanda del pubblico ministero contabile. Non sarebbe stata fornita alcuna prova del presunto danno all'immagine arrecato alla PA essendo onere della Procura regionale indicare le specifiche iniziative promosse dalla stessa PA per il ripristino dell'immagine ed il relativo esborso di denaro; la semplice percezione di somme presuntivamente illecite non era idonea a dimostrare da sola il danno all'immagine dell'ente di appartenenza essendo necessario provare concretamente che erano state poste in essere misure finalizzate a riorganizzare i servizi ovvero a ripristinare la trasparenza. Conclusivamente la difesa affermava che dall'istruttoria eseguita dal pubblico ministero non emergesse alcun profilo di danno all'immagine. Chiedeva il rigetto della domanda; in via subordinata chiedeva che il danno fosse circoscritto nei limiti del suo modesto contributo causale, cioè nei limiti del giusto e del provato.
Si costituiva in giudizio la convenuta M. N. con la difesa dell'avv. Alberto Gullino. Le conclusioni, domande ed eccezioni contenute nella memoria redatta dall'avv. Gullino riflettono interamente quelle contenute nella precedente memoria relativa alla posizione del convenuto A..
Si costituiva il convenuto Franco M. con la difesa dell'avv. Mario Intilisano mediante deposito di memoria difensiva eseguito in data 14 febbraio 2007.
In via preliminare il difensore eccepiva l'improcedibilità dell'azione del PM sostenendo che, per pacifica giurisprudenza contabile, la condanna definitiva in sede penale del dipendente si pone quale elemento costitutivo del danno all'immagine; la mancanza della sentenza definitiva faceva venir meno la condizione necessaria per l'esercizio dell'azione da parte del PM. Evidenziava che la sentenza n. 1809705 della Corte d'Appello di Messina era stata impugnata con ricorso in cassazione depositato l'8 maggio 2006 per il quale non era stata ancora fissata l'udienza di discussione; in ogni caso sarebbe stato imprescindibile disporre la sospensione del giudizio contabile in attesa della definizione del giudizio penale. Solo l'accertamento in via definitiva dei fatti di reato avrebbe potuto fondare legittimamente l'azione di responsabilità; nel merito sosteneva l'insussistenza del danno all'immagine poiché la quantificazione operata nell'atto di citazione sarebbe stata fatta senza alcun riscontro probatorio ma esclusivamente in via equitativa.
Il convenuto E. C. si costituiva con la difesa dell'avv. Vincenzo Grosso mediante deposito di memoria in data 12 febbraio 2007. Preliminarmente il difensore chiedeva, in attesa della sentenza definitiva penale, la sospensione del giudizio contabile ai sensi dell'art. 295 c.p.c.; sempre in via preliminare sollevava eccezione di prescrizione sostenendo che il dies a quo andava individuato nella data della richiesta di rinvio a giudizio presentata dal PM penale il 19 dicembre 1996; il termine quinquennale era da considerare ampiamente decorso alla data del 15 maggio 2006 di notifica dell'invito a dedurre
In ordine al merito riteneva infondata la domanda del pubblico ministero contabile. Non sarebbe stata fornita alcuna prova del presunto danno all'immagine che il convenuto avrebbe arrecato alla PA.
Conclusivamente la difesa affermava che dall'istruttoria eseguita dal pubblico ministero non emergesse alcun profilo di danno all'immagine che potesse essere validamente postulato in giudizio. Chiedeva il rigetto della domanda; in via subordinata chiedeva ampia applicazione del potere riduttivo.
Il convenuto S. U. costituitosi con la difesa dell'avv. Edoardo Bucca con memoria depositata il 16 febbraio 2007, sosteneva che l'azione del pubblico ministero contabile fosse carente di legittimazione non sussistendo una sentenza penale definitiva su cui poter fondare il presunto risarcimento per danno all'immagine; nel merito palesava l'infondatezza della pretesa nei confronti del convenuto per mancanza di prova del danno addebitato.
Si costituiva in giudizio il convenuto B. G. con la difesa degli avv.ti Annalaura Muscolino e Biagio Marotta mediante deposito di memoria in data 14 febbraio 2007. Preliminarmente la difesa ha eccepito la prescrizione del diritto al risarcimento del danno all'immagine il cui dies a quo dovrebbe essere individuato nella data del 16 febbraio 1993 indicata nella sentenza penale della Corte d'Appello di Messina (data in cui venne incassato l'ultimo assegno bancario da parte del sig. B., evento costituente prova della sua responsabilità penale per corruzione); nel merito la difesa ha sostenuto l'infondatezza della pretesa del PM nei confronti del B. stante che la sua attività, per la quale era stato configurato il reato di corruzione propria, poi dichiarato estinto per prescrizione,sarebbe stata esperita fuori dall'orario di lavoro utilizzando l'archivio privato del signor R. il quale si era costituito una sua personale "conservatoria parallela". Da ciò dovrebbe dedursi l'insussistenza del danno all'immagine tanto più che mancava a suo carico una condanna penale passata in giudicato essendo stata pronunciata nei suoi confronti sentenza di non doversi procedere essendo il reato estinto per prescrizione. Sarebbe mancante, inoltre, un principio di prova circa l'esistenza e l'ammontare della lesione per danno all'immagine. La difesa chiedeva, infine, la sospensione del presente procedimento in attesa della definizione per tutti i convenuti del procedimento penale costituente l'antefatto del giudizio contabile, anche al fine di una trattazione unitaria ed uniforme delle posizioni singolarmente ascritte ai convenuti, tutti dipendenti della Conservatoria dei Registri Immobiliari di Messina.
All'udienza del 7 marzo 2007, in accoglimento delle concordi richieste dei difensori dei convenuti, presenti alla discussione, a cui non si è opposto il pubblico ministero, il Presidente del collegio con ordinanza, trascritta al verbale d'udienza, ha disposto la sospensione del giudizio sino alla conclusione del processo penale concernente gli stessi fatti pendente dinanzi alla Corte di Cassazione.
Con nota dell'11 marzo 2008 n. 377, pervenuta alla Procura regionale della Corte dei conti il 25 marzo 2008, la cancelleria della Corte di Cassazione ha inviato copia della sentenza n. 2142 depositata il 15 gennaio 2008 con cui la Cassazione - IV Sezione Penale ha respinto i ricorsi proposti dagli imputati M. F., A. C., C. E., N. M. e S. U. avverso la predetta sentenza della Corte di Appello di Messina n. 1809 del 5 novembre 2005 che, pertanto, è passata definitivamente in giudicato.
Con atto depositato il 4 dicembre 2007 il pubblico ministero contabile ha riassunto il giudizio di responsabilità amministrativa nei confronti di M. F., A. C., C. E., N. M., S. U. e B. G. confermando le richieste di condanna dei convenuti al pagamento in favore dell'Agenzia del Territorio delle somme indicate nell'atto di citazione originario oltre interessi e spese del procedimento,da ripartire secondo le quote attribuite a ciascuno di essi. In ordine alla posizione della convenuta G. F., frattanto deceduta, non ha ritenuto sussistenti i presupposti per proseguire il giudizio.
Nella memoria di costituzione in riassunzione depositata il 19 giugno 2008 nell'interesse del convenuto C. A., il difensore avv. Gullino, nel richiamare le conclusioni della prima memoria versata in atti, ha chiesto in via preliminare, l'estinzione del presente giudizio per la mancata notifica al procuratore costituito, nei termini di legge, del ricorso in riassunzione e del pedissequo decreto di fissazione d'udienza notificato, invece, personalmente al convenuto; ha insistito sulla eccezione di prescrizione e nel merito ha ribadito la richiesta di rigetto della domanda accusatoria.
Di identico contenuto sono le conclusioni in riassunzione depositate con memoria del 19 giugno 2008 dallo stesso avv. Alberto Gullino nell'interesse della convenuta N. M..
Per il convenuto E. C. l'avv. Vincenzo Grosso ha depositato memoria difensiva il 19 giugno 2008 in cui ha confermato l'eccezione di prescrizione e le domande di declaratoria di insussistenza del danno, di rigetto dell'azione del PM, e di applicazione del potere riduttivo.
I difensori avv. Muscolino e Marotta nell'interesse del convenuto B. G., riscontrando nella memoria del 19 giugno 2008 l'istanza del PM di riassunzione del giudizio, ne contestano i contenuti per cui insistono in tutte le domande, eccezioni e difese di cui ai pregressi atti scritti versati in giudizio.
DIRITTO
Preliminarmente il collegio ritiene che sia da intendere superata l'eccezione di estinzione del presente giudizio, sollevata nella memoria dell'avv. Gullino del 19 giugno 2008, in cui è stata rilevata l'avvenuta notifica al convenuto personalmente, anziché al procuratore costituito, del ricorso in riassunzione e del pedissequo decreto di fissazione d'udienza (v.art. 170 c.p.c.). Il contraddittorio si è, infatti, regolarmente instaurato avendo lo stesso difensore depositato, nell'interesse dei suoi assistiti (A. e N. ) memoria in cui controdeduce pienamente al contenuto dell'istanza del pubblico ministero di riassunzione del giudizio chiedendone il rigetto. Alla pubblica udienza l'avv. La Fauci Belponer, delegato alla discussione orale dall'avv. Gullino, non ha fatto più alcun richiamo alla eccezione di cui si tratta.
Ciò premesso nella vicenda oggetto dell'odierno giudizio - introdotto con atto di citazione del 29 settembre 2006 in cui è stato ipotizzato un danno per lesione dell'immagine e del prestigio dell'amministrazione di appartenenza dei convenuti (Agenzia per il territorio), da intendere come danno patrimoniale in senso lato, cioè economicamente valutabile in forma indiretta - già sospeso con ordinanza letta all'udienza del 7 marzo 2007, risulta ora accertato che è divenuta irrevocabile la sentenza penale di condanna dei convenuti (M. F., A. C., C. E., N. M. e S. U. ), imputati di concussione continuata, pronunciata in seguito a dibattimento.
Ai sensi dell'art. 651 c.p.p., il pronunciato penale fa stato nel presente giudizio, con valore di giudicato, "quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso" (v. conforme sul punto la sentenza di questa Sezione n. 29/2001 del 20 marzo 2001).
Sotto tali profili il collegio osserva, in via preliminare, che l'accertamento con sentenza penale definitiva della fondatezza dei fatti ascritti agli imputati M. F., A. C., C. E., N. M. e S. U., convenuti nell'odierno giudizio contabile, incardinato per la medesima vicenda, comporta il rigetto dell'eccezione di prescrizione da essi sollevata nelle memorie difensive versate in atti. Infatti la decorrenza del termine di prescrizione non può ritenersi anteriore al perfezionamento della fattispecie di danno all'immagine che coincide con il passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna avvenuto nel corso del 2008 (v. sentenza n. 2142 depositata il 15 gennaio 2008 con cui la Cassazione - IV Sezione Penale ha respinto i ricorsi proposti dagli imputati avverso la sentenza della Corte di Appello di Messina n. 1809 del 5 novembre 2005 ).
La verità, divenuta incontestabile, dei fatti commessi penalmente illeciti è da considerare, per ciò che qui interessa, elemento costitutivo della fattispecie di danno all'immagine della PA (v. in senso conforme sentenza n. 61/A della Corte dei conti Sezione d'Appello per la Regione siciliana depositata il 9 marzo 2006).
Tale elemento non ha valenza di presupposto processuale per cui, ancorchè carente, non per questo sarebbe da considerare improcedibile (come adombrato nella memoria difensiva del M. ) l'azione del pubblico ministero promossa con atto di citazione depositato il 15 marzo 2006, data antecedente alla definizione del giudizio penale. Non è revocabile in dubbio che l'accertamento della veridicità dei fatti, da cui deriva l'ipotesi di responsabilità per danno all'immagine della PA formulata nell'atto di citazione, sia questione che riguarda il merito del giudizio.
Per la posizione del convenuto B. ritiene il collegio fondata l'eccezione di prescrizione sollevata nella memoria in atti. Invero la Corte d'Appello di Messina nella sentenza n. 1809/05, pubblicata il 25 marzo 2006, ha dichiarato di non doversi procedere perché il reato di corruzione per atti di ufficio a lui ascritto si è estinto per prescrizione. La mancanza nel suo caso di una condanna penale passata in giudicato fa si che l'accertamento di veridicità dei fatti posti a fondamento della responsabilità per danno all'immagine contestata dal PM non potrebbe che eventualmente scaturire da vari elementi di prova aventi valore obiettivo da apprezzarsi autonomamente da questo giudice in unico contesto. A tal fine si ritengono pienamente sufficienti le prove all'uopo formate nel processo penale analiticamente richiamate nell'atto di citazione in trattazione. Orbene a pag. 65 della calendata sentenza della Corte d'Appello si legge che la cessazione della continuazione del reato di corruzione per atti di ufficio commesso dal B. deve farsi coincidere con la data del 16 febbraio 1993 in cui venne incassato dallo stesso l'ultimo degli assegni bancari emessi dalla ditta R. per retribuzione della sua attività penalmente illecita. La difesa del convenuto sostiene che il dies a quo della prescrizione dovrebbe essere ancorato alla data del 16 febbraio 1993. Ritiene il collegio che il dies a quo della prescrizione sia da individuare più propriamente nella data della richiesta di rinvio a giudizio presentata dal PM penale il 19 dicembre 1996, il che ha reso obiettivamente conoscibile all'esterno nella sua pienezza (strepitus fori) l'evento di danno (all'immagine della PA ) a lui riferibile. Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno azionato dal pubblico ministero contabile era ampiamente decorso alla data del 15 maggio 2006 di notifica dell'invito a dedurre ex art. 5 della legge n. 19 del 1994, quale primo atto interruttivo, valido agli effetti di legge, del termine quinquennale di prescrizione.
Passando a trattare i profili contenutistici del danno all'immagine, relativamente alla posizione dei convenuti M. F., A. C., C. E., N. M. e S. U., il collegio rammenta che la Corte di Cassazione, superate le antiche concezioni che negavano l'estensione alle persone giuridiche dei diritti della personalità (quali l'onore e la reputazione), ha ormai più volte affermato che, se la persona giuridica, per sua natura, non può subire dolori, turbamenti od altre similari alterazioni, è tuttavia portatrice dei diritti immateriali della personalità, ove compatibili con l'assenza della fisicità, e quindi dei diritti all'esistenza, all'identità, al nome, all'immagine ed alla reputazione (Cass. civ., sez. I, 29/10/2002, n. 15233; Cass. civ. ord., Sez. Un. , 20/11/2003, n. 17674).
Il cosiddetto danno all'immagine dell'ente pubblico connesso causalmente con la condotta illecita dei pubblici funzionari è riconducibile alla nozione di danno erariale dato che vi sono i presupposti di una sua valutazione patrimoniale. Nella fattispecie all'odierno esame sussistono gli elementi attestanti il discredito subito dall'Amministrazione adeguatamente dimostrati per effetto del clamor fori protrattosi per tutta la durata delle indagini preliminari fino, almeno, alla sentenza penale di condanna in primo grado essendo divenuti di dominio dell'opinione pubblica i fatti concussivi accertati, la cui la verità intrinseca è stata, poi, confermata con la sentenza finale della Corte di Cassazione di rigetto dei ricorsi avverso la condanna inflitta agli imputati, odierni convenuti, nei precedenti gradi di giudizio.
La Corte dei conti ha più volte affermato la possibilità che anche la persona giuridica pubblica, per effetto del comportamento genericamente illegittimo o illecito tenuto da un amministratore o da un pubblico dipendente, possa subire una tale tipologia di danno, rientrante nella categoria del c.d. "danno esistenziale", inteso come lesione di interessi costituzionalmente garantiti inerenti la persona, sia fisica che giuridica. In proposito le Sezioni Riunite della Corte dei conti (vedi n. 10/2003/QM) hanno precisato che "la violazione del diritto all'immagine, intesa come diritto al conseguimento, al mantenimento ed al riconoscimento della propria identità come persona giuridica pubblica, è economicamente valutabile", perché "si risolve in un onere finanziario che si ripercuote sull'intera collettività, dando luogo ad una carente utilizzazione delle risorse pubbliche nonché a costi aggiuntivi per correggere gli effetti distorsivi che sull'organizzazione della P.A. si riflettono in termini di minore credibilità e prestigio e di diminuzione di potenzialità operativa".
Il danno alla immagine deve essere, comunque, sempre provato, non potendo derivare automaticamente dal riconoscimento della illiceità del comportamento, cosicché, ai fini risarcitori o riparatori la potenzialità dannosa della condotta va saggiata nei singoli casi. Assumono rilievo in relazione all'an del danno all'immagine verso la PA i seguenti elementi: l'attività dell'ente, organo, ufficio dell'autore del danno; la posizione funzionale dell'autore dell'illecito, che assume maggior gravità in caso di posizione di vertice; la sporadicità o la continuità o la reiterazione dei comportamenti illeciti; la necessità o meno di interventi sostitutivi o riparatori dell'attività illecitamente tenuta; in ipotesi di tangenti, l'entità del denaro ricevuto; la negativa impressione nell'opinione pubblica, tale da suscitare sfiducia nei confronti dell'ente (cfr. Corte dei Conti Sez. III centrale n. 330/A del 2007).
La condotta dei convenuti dipendenti pubblici - fra i quali il M. nella posizione di vertice, come conservatore dell'Ufficio dei Registri Immobiliari, autore delle disposizioni e degli ordini di servizio che favorirono la consumazione dei fatti di concussione continuata a danno dei privati visuristi - per la reiterazione degli episodi criminosi commessi nell'arco di un lunghissimo periodo (dal 1985 al 1996) e per la gravità dei fatti addebitati in sede penale, ha certamente determinato, anche in considerazione del tipo di attività svolta, una minore credibilità e prestigio per la P.A., ingenerando altresì nei cittadini la convinzione di una distorta organizzazione dei pubblici poteri. Nella stessa sentenza della Corte di Appello di Messina n. 1809 depositata il 25 marzo 2006, che ha rigettato la richiesta degli imputati, ancorchè incensurati, di usufruire delle attenuanti generiche, viene messa in risalto "la indecorosa sfrontatezza con cui sono stati perseguiti gli scopi illeciti e la gravità della lesione, non facilmente rimarginabile, arrecata al prestigio della pubblica amministrazione" (v.pagg. 67e 68 della sentenza de qua).
I parametri di riferimento per individuare il "quantum" del danno in questione sono molteplici: dovrà, infatti, farsi riferimento al ruolo dei vari responsabili nell'organizzazione amministrativa (profilo soggettivo) ed alla reazione causata dal comportamento lesivo nell'ambiente di lavoro (aspetto oggettivo). In tali casi la determinazione va fatta in via equitativa, ex art. 1226 del codice civile, o in base ai costi di ripristino del bene, sotto il profilo del danno emergente - costi del mancato conseguimento della finalità pubblica, dell'inefficienza e inefficacia dell'organizzazione, eccetera - o del lucro cessante - sotto il profilo dei vantaggi derivanti alla P.A. dall'adesione della generalità dei cittadini, ma potrà fondarsi su prove anche presuntive od indiziarie.
Il collegio é chiamato, in definitiva, attraverso il suo equo apprezzamento, a fornire una valutazione della riparazione del danno che non è e non potrà mai essere un preciso equivalente alla lesione dell'interesse colpito, ma che si configura - sul piano del giudizio equitativo di cui al citato art. 1226 c.c. - come un "corrispettivo, non soltanto di carattere riparatorio dell'immagine lesa", che tiene conto di tutte le circostanze del caso particolare, atte a motivare adeguatamente il "quantum" individuato secondo equità.
In virtù di tali considerazioni, tenuto conto del tipo di attività svolta dai convenuti, dei modi della loro condotta illecita protrattasi per diversi anni, dell'impatto sull'opinione pubblica della notizia del sistema generalizzato di atti concussivi con illecita percezione di denaro, si ritiene equo quantificare in complessivi euro 130.000,00 il danno subito dall'Agenzia del territorio (non si tiene conto della somma di euro 10.000,00 addebitata nell'atto di citazione al convenuto B. per il quale questo collegio ha dichiarato prescritto il diritto al risarcimento della PA ) da ripartire nelle seguenti quote determinate in base alla posizione funzionale e al contributo causale nella vicenda di ciascuno dei convenuti: euro 50.000, 00 per M. F.; euro 20.000, 00 ciascuno per A. C., C. E., N. M. e S. U..
In virtù del principio della soccombenza legale, i convenuti M. F., A. C., C. E., N. M. e S. U. devono, altresì, essere condannati al pagamento delle spese di giudizio.
Sono dichiarate compensate le spese di giudizio relativamente al convenuto B. G..
Ogni altra questione sollevata dalle parti in causa è da considerare assorbita.
P. Q. M.
La Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la Regione siciliana:
1- afferma la responsabilità dei signori M. F., A. C., C. E., N. M. e S. U. e, per l'effetto li condanna al pagamento in favore dell'Agenzia del territorio, a titolo di danno all'immagine, delle seguenti somme, oltre agli interessi legali decorrenti dalla data di pubblicazione della presente sentenza e fino al soddisfo, così ripartite: euro 50.000, 00 per M. F.; euro 20.000, 00 ciascuno per A. C., C. E., N. M. e S. U.
Condanna i convenuti al pagamento delle spese di giudizio in favore dello Stato che si liquidano in euro 1.291,24 (euro milleduecentonovantuno/24).
Ordina che, ai sensi dell'art. 24 del RD 12 agosto 1933, n. 1038, copia della presente sentenza sia trasmessa dalla Segreteria in forma esecutiva all'ufficio del Pubblico Ministero, affinché, quest'ultimo curi l'inoltro alle amministrazioni interessate per l'esecuzione in conformità a quanto disposto dal DPR n. 260/1998.
2 - dichiara prescritta l'azione del pubblico ministero nei confronti del convenuto B. G. e compensa le spese del giudizio.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del 9 luglio 2008.
 
IL PRESIDENTE
Luciano Pagliaro
L'ESTENSORE
Salvatore G. Cultrera
 
Depositata nei modi di legge.
Palermo, lì 24 luglio 2008
IL FUNZIONARIO DI CANCELLERIA
Rita Casamichele