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Sezione di Barletta

 
   
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Cassazione civile Sez. V, 29-02-2008, n. 5471 (dep. 29/02/08)
martedì 1 luglio 2008 - Pubblicazione a cura di Angela Lorusso

Procedura civile,ricorso in cassazione,quesiti multipli, inammissibilità
La rigorosa interpretazione, così adottata da questa Corte, dell'art. 366 bis c.p.c., corrisponde ad un'impostazione che potrebbe dirsi riduzionistica - nel senso comunemente adottato nella metodologia scientifica -, onde si esige dal ricorrente che i motivi di ricorso siano formulati secondo il metodo della spiegazione dei fatti attraverso l'analisi dei loro elementi. Ciò significa, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte che s'è venuta formando nelle prime applicazioni del nuovo regime processuale: a) che non possono più proporsi, come accadeva nel regime precedente, motivi cumulativi per violazione di legge e per vizi di motivazione; b) che devono essere tenuti distinti i motivi per le diverse illegittimità previste nell'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1-4; c) che, in particolare, il motivo per violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve evidenziare l'elemento strutturale della norma che si assume violato; d) che devono essere tenuti distinti tra di loro anche i motivi che siano proposti per differenti vizi della motivazione della sentenza impugnata



Cass. civ. Sez. V, 29-02-2008, n. 5471
 
 
Svolgimento del processo
 
1.1. Il 27-28 aprile 2007 è notificato alla Società un ricorso dell'Agenzia per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, che ha rigettato sia l'appello principale della Società sia l'appello incidentale dell'Ufficio di Castelnuovo di Garfagnana contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Lucca n. 102/04/2004, che aveva accolto parzialmente il ricorso della Società contro l'avviso di accertamento n. (OMISSIS) dell'Iva, dell'irpeg e dell'IRAP 1998. 1.2. Il 24 aprile 2007, per la cassazione della medesima sentenza, è notificato all'Agenzia un ricorso della Società, che, appellante principale, era rimasta soccombente in secondo grado.
 
2. I fatti di causa sono i seguenti:
 
a) l'Ufficio IVA di Lucca e l'Ufficio delle imposte dirette di Castelnuovo di Garfagnana sottopongono la Società a verifica contabile, a conclusione della quale redigono un processo verbale di constatazione, relativamente al periodo d'imposta 1998, di un'omessa fatturazione di corrispettivi per L. 57.556.000 e l'omessa regolarizzazione di canoni locatizi per incompleta fatturazione per L. 33.600.000;
 
b) viene conseguentemente adottato un avviso di accertamento, con il quale, ai fini dell'iva, si recuperano a contabilizzazione corrispettivi per L. 57.556.000, cui corrisponde un'iva al 10%, pari a L. 5.756.000, e, ai fini dell'irpeg e dell'Irap, si recuperano a contabilizzazione ricavi per lo stesso importo di L. 57.556.000;
 
inoltre, si contesta l'omessa contabilizzazione di canoni locatizi, da corrispondere alla locatrice ... Ermanno sas per L. 33.600.000;
 
c) la Commissione tributaria provinciale accoglie il ricorso della Società limitatamente alla prima contestazione;
 
d) la Commissione tributaria regionale, poi, con la sentenza ora impugnata per cassazione respinge sia l'appello principale della società sia l'appello incidentale dell'Ufficio.
 
3. La sentenza della Commissione tributaria regionale, oggetto del ricorso per cassazione, è così motivata:
 
a) quanto all'omessa fatturazione di ricavi, "(l)a ricostruzione indiretta dei ricavi, realizzata in base all'utilizzo dei tovaglioli, lascia alquanto perplessi. Come fa notare il Giudice di primo grado, sia la lettura del verbale di constatazione, sia l'avviso impugnato sono privi di concretezza. Il procedimento aritmetico concernente l'acquisto e l'uso dei tovaglioli è del tutto empirico e prescinde dal reperimento di prove documentali di specifici ricavi non contabilizzati. Gli stessi verificatori sottolineavano come, dalla ricostruzione indiretta dei ricavi realizzati dal ristorante (OMISSIS), emergessero notevoli differenze rispetto ai ricavi contabilizzati. Invece per gli altri rami di azienda ( (OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS)) i ricavi dichiarati venivano ritenuti "congrui" dai verbalizzanti; come se l'evasione venisse praticata in un locale su quattro";
 
b) "(c)on riferimento alla riduzione dei canoni di locazione degli immobili oggetto di ristrutturazione e alla data di perfezionamento dei contratti relativi, il giudice di merito aveva richiesto l'acquisizione, presso gli uffici tecnici dei Comuni interessati, della richiesta di agibilità, tenuto anche conto del periodo di silenzio-assenso. L'attestazione del termine iniziale (dies a quo) stabilita dai primi giudici viene condivisa da questo Collegio". 4. Il ricorso per cassazione dell'Agenzia, che, in quanto proposto per primo, deve configurarsi come ricorso principale, è sostenuto con un solo motivo d'impugnazione e si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni consequenziale statuizione, anche in ordine alle spese processuali.
 
5.1. La Società resiste con controricorso al ricorso principale dell'Agenzia e conclude chiedendo l'inammissibilità del ricorso, con ogni consequenziale statuizione, anche in ordine alle spese processuali.
 
5.2. Anche la Società ha proposto un ricorso per la cassazione della medesima sentenza, che, tuttavia, data la sua posteriorità rispetto a quello dell'Agenzia, è da considerare come ricorso incidentale.
 
Esso è sostenuto con un solo motivo d'impugnazione e si conclude con la richiesta d'accoglimento del ricorso, con ogni consequenziale statuizione, anche in ordine alle spese processuali. La Società presenta anche una memoria.
 
6. L'Agenzia, intimata con il ricorso della Società, non resiste con controricorso.
 
Motivi della decisione
 
7. Il ricorso principale dell'Agenzia e quello, convertito in ricorso incidentale, della Società sono riuniti ex art. 335 c.p.c., perchè sono proposti contro la medesima sentenza.
 
8.1. La Società resistente eccepisce l'inammissibilità per tardività del ricorso per cassazione dell'Agenzia.
 
8.2. L'eccezione è infondata, perchè la sentenza d'appello è stata depositata l'11 marzo 2006 e il termine lungo per la sua impugnazione per cassazione, di un anno e 46 giorni, è scaduto il 27 aprile 2007, che è il giorno nel quale il ricorso dell'Agenzia è stato ricevuto dall'UNEP della Corte d'appello di Roma, il quale ha, poi, provveduto a perfezionare la notificazione per il destinatario il 28 aprile 2007. Ma, in virtù del principio del doppio perfezionamento della notificazione per il notificante e per il notificatario (Corte costituzionale 23 gennaio 2004, n. 28, seguita dalle pronunce: 12 marzo 2004, n. 97; 18 marzo 2004, n. 98; 2 aprile 2004, n. 107; 28 aprile 2004, n. 132; 25 maggio 2004, n. 153; 18 marzo 2005, n. 118;
 
14 ottobre 2005, n. 383), il termine decadenziale, posto a carico del primo, è stato rispettato dall'Agenzia, perchè essa ha consegnato il documento da notificare l'ultimo giorno del periodo di decadenza.
 
Il ricorso principale dell'Agenzia può, dunque, essere esaminato nel merito.
 
9.1. Con l'unico motivo d'impugnazione del suo ricorso principale l'Agenzia denuncia l'omessa, l'insufficiente o la contraddittoria motivazione della sentenza impugnata circa un punto decisivo della controversia.
 
9.2. L'Agenzia assume ad oggetto di critica quella parte della motivazione della sentenza d'appello che s'è qui riprodotta nel p. 3.a).
 
In primo luogo, si esclude l'attendibilità dell'affermazione della Commissione tributaria regionale, secondo cui sarebbe poco plausibile che l'evasione fosse praticata solo in uno dei quattro locali della Società, perchè, senza specificare i motivi, si sarebbe ritenuto impossibile l'evasione solo perchè i verbalizzanti hanno rinvenuto irregolarità accertate.
 
In secondo luogo, si riproducono testualmente alcuni brani del processo verbale di constatazione riguardanti le rimanenze di magazzino, per affermare che i dati, così individuati dagli ispettori, non sarebbero stati considerati dal giudice d'appello indizi gravemente comprovanti l'inattendibilità dei corrispettivi.
 
In terzo luogo, si esclude che la ricostruzione ispettiva e l'avviso d'accertamento manchino di elementi concreti, dal momento che l'imputazione dei tovaglioli al ristorante, utilizzati nel 1998, e il relativo calcolo sarebbero stati determinati sulla base delle fatture di noleggio, che costituirebbero un dato certo, dal momento che la loro quantità risulterebbe inequivocabilmente dai documenti emessi dalla società di lavanderia.
 
Infine, sarebbe logico che le giacenze di magazzino dei tovaglioli di carta siano state indicate, non per la loro quantità numerica, ma per il loro valore complessivo.
 
9.3. A conclusione delle sue argomentazioni l'Agenzia ricorrente formula il seguente quesito: "Dica codesta Ecc.ma Suprema Corte se la CTR nel ritenere inattendibile (la) ricostruzione dei ricavi eseguita dai verbalizzanti in sede di verifica ha omesso di considerare: a) che, anche sulla scorta di consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, il consumo unitario dei tovaglioli impiegati, ovvero il numero di questi, rappresenta un fatto noto capace, anche di per sè solo, di lasciare ragionevolmente e verosimilmente presumere il numero dei pasti forniti dall'impresa di ristorazione, così da ricostruirne i ricavi in sede di accertamento analitico-induttivo di queste specifiche poste; b) che le prestazioni del ristorante (OMISSIS), in quanto rivolte ad una clientela scelta, si qualificano di un livello assolutamente più alto e quindi non paragonabile alle altre 3 attività ((OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)) e che quindi le notevoli differenze reddituali emergenti dalla rilevazione della Guardia di Finanza, lungi dal costituire dimostrazione dell'incongruità dell'accertamento, trovano una giustificazione nelle peculiari caratteristiche delle diverse attività". 9.4.1. In via preliminare si rileva che la sentenza impugnata è stata depositata l'il marzo 2006, cosicchè il ricorso per Cassazione dev'essere strutturato in conformità all'art. 366 bis c.p.c., secondo periodo (D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 27, comma 2;
 
Corte di Cassazione: 22 giugno 2007, n. 14682; 19 dicembre 2006, n. 27130; 28 febbraio 2007, n. 4640; 1 ottobre 2007, n. 20603).
 
9.4.2. Poichè il motivo, unico, del ricorso dell'Agenzia denuncia esclusivamente vizi della motivazione della sentenza impugnata, la formulazione dev'essere conforme al precetto contenuto nell'art. 366 bis c.p.c., comma 1, n. 2: "Nel caso previsto dall'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione".
 
Al riguardo si ricorda che le Sezioni unite civili di questa Corte hanno recentemente ribadito (sentenza 1 ottobre 2007, n. 20603): "a) che secondo l'art. 366 bis cod. proc. civ., anche nel caso previsto dall'art. 360 cod. proc. civ., n. 5, l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria; ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; b) che pertanto la relativa censura, dopo la riforma deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze, nè in sede di formulazione del ricorso, nè in sede di valutazione della sua ammissibilità ...".
 
Se ne deduce che, quando si censuri la motivazione della sentenza impugnata, se non è necessario formulare un quesito di diritto, come quando si ricorra per cassazione, ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., comma 1, n. 1, nei casi previsti dall'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1- 4, anche il motivo avanzato nel caso previsto dall'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve concludersi con una dichiarazione sintetica, omologa al quesito di diritto, del vizio ipotizzato, della sua struttura e della normalizzazione richiesta alla Corte. In altri termini, il quesito dell'impugnazione di legittimità, conclusivo di qualsiasi motivo addotto nel ricorso per Cassazione, è da concepire, a seguito dell'orientamento assunto dalle Sezioni unite, un istituto di genere, di cui si danno le due specie del quesito di diritto, previsto dall'art. 366 bis c.p.c., primo periodo, e del quesito motivazionale, previsto dall'art. 366 bis c.p.c., comma 1, secondo periodo. La formulazione del primo è richiesta espressamente dal legislatore, mentre l'altrettanto necessaria formulazione del secondo è desunta implicitamente dal fondamento dell'istituto del quesito dell'impugnazione di legittimità. Tale fondamento risiede nel bilanciamento, o coniugazione (Corte di Cassazione 1 ottobre 2007, n. 20603), dell'"interesse personale e specifico del ricorrente ad una decisione della lite diversa (e più favorevole)" con "quello generale all'esatta osservanza ed all'uniforme interpretazione della legge" (Corte di Cassazione 1 ottobre 2007, n. 20603), onde alle parti è "imposto l'onere della sintetica ed esplicita enunciazione del nodo essenziale della questione giuridica di cui egli auspica una soluzione più favorevole da quella adotta a dalla sentenza impugnata" (Corte di Cassazione 1 ottobre 2007, n. 20603).
 
La rigorosa interpretazione, così adottata da questa Corte, dell'art. 366 bis c.p.c., corrisponde ad un'impostazione che potrebbe dirsi riduzionistica - nel senso comunemente adottato nella metodologia scientifica -, onde si esige dal ricorrente che i motivi di ricorso siano formulati secondo il metodo della spiegazione dei fatti attraverso l'analisi dei loro elementi. Ciò significa, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte che s'è venuta formando nelle prime applicazioni del nuovo regime processuale: a) che non possono più proporsi, come accadeva nel regime precedente, motivi cumulativi per violazione di legge e per vizi di motivazione; b) che devono essere tenuti distinti i motivi per le diverse illegittimità previste nell'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1-4; c) che, in particolare, il motivo per violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve evidenziare l'elemento strutturale della norma che si assume violato; d) che devono essere tenuti distinti tra di loro anche i motivi che siano proposti per differenti vizi della motivazione della sentenza impugnata (Corte di Cassazione: 19 ottobre 2006, n. 22499; 19 dicembre 2006, n. 27130; 5 gennaio 2007, n. 36; 21 febbraio 2007, n. 4071; 28 febbraio 2007, n. 4640; 16 marzo 2007, n. 6278; 26 marzo 2007, n. 7258; 7 giugno 2007, n. 13229; 21 giugno 2007, n. 14385; 22 giugno 2007, n. 14682; 11 luglio 2007, n. 15584;
 
17 luglio 2007, n. 15949; 18 luglio 2007, n. 16002; 27 luglio 2007,n. 16615; 3 agosto 2007, n. 17108; 25 settembre 2007, n. 19892; 1 ottobre 2007, n. 20603; 22 ottobre 2007, n. 22059; 29 gennaio 2008, n. 1906).
 
9.4.3. Nel caso di specie si deve osservare, anzitutto, che la censura è plurima, perchè con essa si denunciano indistintamente tutti e tre i vizi della motivazione della sentenza impugnata: 1) l'omissione; 2) l'insufficienza, e 3) la contraddittorietà. Ora, mentre, in base al precetto dell'art. 366 bis c.p.c., comma 1, n. 2, ci si dovrebbero attendere tanti diversi corpi argomentativi quanti sono i vizi di motivazione della sentenza d'appello denunciati nell'epigrafe del motivo di impugnazione, le argomentazioni della ricorrente, di cui s'è qui tentata una sintesi nel p. 9.2, si sviluppano unitariamente e si succedono indistintamente dalla metà della pagina 7 del ricorso fin quasi al termine della pagina 10. Già questa semplice constatazione potrebbe considerarsi sufficiente per comportare l'inammissibilità del motivo d'impugnazione. Tuttavia, volendo effettuare una minuziosa verifica del discostamento della ricorrente dal principio riduzionistico che ispira l'art. 366 bis, comma 1, n. 2, possono valere le seguenti considerazioni.
 
9.4.4. Dal lungo argomentare della ricorrente si desume, anzitutto, che nessuna specifica doglianza è rivolta a censurare la motivazione della sentenza impugnata sotto il profilo della sua insufficienza. Al riguardo, infatti, si sarebbero dovute illustrare "le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione" (art. 366 bis c.p.c., comma 1, n. 2).
 
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Sezione il ricorrente avrebbe dovuto, invero, specificare le parti della motivazione della sentenza d'appello che consisterebbero in subdichiarazioni con contenuto statico di giudizio e indicare i fatti che il giudice di secondo grado avrebbe dovuto rendere oggetto di contenuto dinamico, cioè illustrativo del passaggio della sua mente dalla condizione iniziale di ignoranza di determinati fatti della causa alla loro conoscenza, statica, espressa nel giudizio finale (per l'ordine concettuale qui impiegato e per l'analisi della motivazione di una sentenza sotto il profilo dell'insufficienza, vedansi le sentenze di questa Corte: 18 aprile 2003, n. 6233; 11 giugno 2003, n. 9301; 1 luglio 2003, n. 10364; 1 luglio 2003, n. 10373; 17 dicembre 2003, n. 19362; 17 dicembre 2003, n. 19367; 22 gennaio 2004, n. 1037; 29 marzo 2004 n. 6244; 2 aprile 2004, n. 6539; 28 luglio 2004, n. 14219; 26 agosto 2004, n. 17024; 29 settembre 2004, n. 19481; 14 ottobre 2004, n. 20263; 6 dicembre 2004, n. 22867; 5 gennaio 2005, n. 130; 29 settembre 2005, n. 19085; 17 ottobre 2001, n. 20081; 18 novembre 2005, n. 24417; 18 novembre 2005, n. 24418; 18 novembre 2005, n. 24419; 23 gennaio 2006, n. 1236; 2 maggio 2006, n. 10079; 4 maggio 2007, n. 10261). In mancanza di tale duplice specificazione, si deve ritenere che la denuncia, preannunciata nell'epigrafe del motivo, d'insufficienza della motivazione della sentenza impugnata, sia inammissibile per il semplice fatto che essa non è stata adeguatamente coltivata.
 
9.4.5. Resta da esaminare la rispondenza del motivo d'impugnazione al precetto ex art. 366 bis c.p.c., comma 1, n. 2, in relazione all'omissione di motivazione e alla contraddittorietà della motivazione.
 
Passando ancora una volta in rassegna le argomentazioni addotte dalla ricorrente, si rileva che sono indicati come fatti controversi: 1) la pratica dell'evasione in uno solo dei quattro locali della Società (pagina 8, righe 5-20, e pagina 9, righe 17-27, del ricorso); 2) le rimanenze di magazzino (pagina 8, righe 21-30, del ricorso); 3) le rimanenze dei tovaglioli di carta (pagina 8, righe 31-34, pagina 9, righe 1-16, e pagina 10, righe 1-17, del ricorso); 4) le fatture di noleggio dei tovaglioli di stoffa (pagina 9, righe 28-34, del ricorso). Dei quattro fatti controversi, l'unico sul quale il giudice d'appello sembra non essersi pronunciato è quello costituito dalle rimanenze di magazzino, perchè sugli altri fatti la Commissione tributaria regionale non solo ha preso posizione, ma ha anche fornito quella motivazione, che s'è qui testualmente riprodotta nel p. 3.a).
 
Quanto all'omessa pronuncia sulle rimanenze di magazzino, a parte i dubbi che sorgono, alla lettura del ricorso, sulla loro coincidenza con le rimanenze dei tovaglioli di carta, i brevi brani testuali, riprodotti nel ricorso, della pagina 4 del PVC, sono del tutto generici, perchè non si indica la natura dei beni in rimanenza, non se ne indica nè il valore nè la quantità e si parla di un arrotondamento alle L. 100.000, di cui non si spiega nè il significato nè la rilevanza per la controversia. La conseguenza è che la denuncia dell'omessa motivazione è inammissibile o perchè la motivazione sussiste per tre dei fatti controversi indicati o perchè le argomentazioni addotte a sostegno dell'altro fatto indicato come controverso sono prive di autosufficienza.
 
9.4.6. Anche la denuncia della contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata è inammissibile per genericità, perchè, a seguito dell'ulteriore rassegna delle argomentazioni della ricorrente, operata a questo fine, non è dato individuare, tra di esse, alcuna considerazione che metta specificamente in rilievo nè le parti della motivazione della sentenza che non potrebbero logicamente coesistere nè le ragioni per le quali esse si contraddirebbero.
 
10. In conclusione, il ricorso principale dell'Agenzia delle entrate dev'essere dichiarato inammissibile.
 
9.1. Con il primo motivo del suo ricorso incidentale la Società denuncia l'omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia in ordine alla congruità del valore imponibile annuo assunto alla base dell'accertamento contestato.
 
9.2. La Società sostiene, in proposito, che, nonostante essa abbia investito della questione sia il giudice di primo grado sia il giudice d'appello e nonostante che, in particolare, nell'atto d'appello si sia chiesto espressamente di pronunciarsi sul punto, la sentenza impugnata si sarebbe limitata a qualificare la fattispecie come un'operazione permutativa e avrebbe focalizzato la sua attenzione solo sulla diversa questione dell'individuazione del dies a quo dell'operazione.
 
9.3. Il motivo è inammissibile per inosservanza del principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, perchè non si riproducono quelle parti dell'atto d'appello nelle quali sarebbe stata posta la questione sulla quale la Commissione tributaria regionale non si sarebbe pronunciata.
 
10.1. Con il secondo motivo del suo ricorso incidentale la Società denuncia l'omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia in ordine ai criteri logico-argomentativi utilizzati nell'individuazione ipotetica della presunta omessa fatturazione.
 
10.2. Anche questo motivo è inammissibile per inosservanza del principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, perchè, nonostante la Società affermi di aver investito della questione i giudici di merito di entrambi i gradi, non si riproducono quelle parti degli atti di causa, e, in particolare, dell'atto d'appello nelle quali sarebbe stata posta la questione sulla quale la Commissione tributaria regionale non si sarebbe pronunciata.
 
11.1 Con il terzo motivo del suo ricorso incidentale la Società denuncia l'omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia in ordine all'individuazione del dies a quo, dal quale far decorrere i contratti di locazione immobiliare nei due immobili di sua proprietà.
 
11.2. La Società sostiene, al riguardo che la sentenza d'appello avrebbe condiviso la decisione dei primi giudici, ma in essa "nulla si dice sulle ragioni del loro argomentare logico; nulla si dice sulle perplessità manifestate dalla ... s.r.l. sul punto; nulla si dice sul perchè dall'ottenimento di un atto amministrativo si fa conseguire necessariamente l'instaurazione di un rapporto locativo;
 
nulla si dice, infine, perchè si faccia riferimento all'agibilità conseguita anche sull'immobile di ... di (OMISSIS), nonostante non risulti provata ... alcuna attività svolta in essa dalla ... s.r.l.":
 
11.3. Il motivo è infondato, perchè la sentenza d'appello ha giustificato la sua decisione basandosi su due elementi: le date di perfezionamento dei contratti di ristrutturazione e dell'attestazione comunale di agibilità, facendo proprie le argomentazioni motivazionali utilizzate dal giudice di primo grado, che sono puntualmente riferite nella parte della sentenza dedicata alla descrizione dello svolgimento del processo.
 
12. Le precedenti considerazioni conducono a ritenere infondato il ricorso incidentale della Società.
 
13. In conclusione, mentre il ricorso principale dell'Agenzia dev'essere dichiarato inammissibile, si deve rigettare quello incidentale della Società.
 
P.Q.M.
 
la Corte, riuniti i ricorsi contrassegnati dall'rgn 12645/2007 (ricorso principale dell'Agenzia delle entrate) e dall'RGN 13046/2007 (ricorso incidentale della Società), dichiara inammissibile il primo e rigetta il secondo.
 
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 dicembre 2007.
 
Depositato in Cancelleria il 29 febbraio 2008