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Cassazione Civile Sez. lavoro, 4 aprile 2008, n. 8800
lunedì 26 maggio 2008 - Pubblicazione a cura di Angela Lorusso

Lavoro - Licenziamento - Obbligo contributivo
La disposizione dell'art. 23, L. n. 218/1952, che eccezionalmente pone a carico del datore di lavoro sia la sua quota contributiva che quella a carico dei lavoratori, nell'ipotesi in cui il datore non provveda al pagamento dei contributi "entro il termine stabilito", deve applicarsi anche nel caso in cui il ritardo nel pagamento dei contributi sia dipeso da un licenziamento illegittimo, seguito da sentenza accertativa dell'illegittimità del licenziamento e ordinante la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro: il trasferimento ex lege dell'obbligo di pagare i contributi da uno ad altro soggetto rappresenta infatti una pena privata, giustificata dall'intento del legislatore di rafforzare il vincolo obbligatorio attraverso la comminatoria, per il caso di inadempimento, di un pagamento di importo superiore all'ammontare del mero risarcimento del danno.


CASSAZIONE CIVILE, SEZ. LAVORO, 4 aprile 2008, n. 8800
 
SENESE Salvatore - Presidente
ROSELLI Federico - Estensore
NARDI Vincenzo - P.M.
BANCA A c. T. E.
 
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 25 gennaio 2005 il Tribunale di Roma, in riforma della decisione pretorile, revocava un decreto ingiuntivo emesso a carico di T. E. su istanza della BANCA B, la quale aveva affermato il diritto di rivalersi sul lavoratore dipendente per contributi previdenziali versati in suo favore a seguito di una sentenza dichiarativa di illegittimità del licenziamento ed ordinante la reintegra nel posto di lavoro ai sensi della L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18.
Il Tribunale escludeva il diritto di rivalsa poichè i contributi erano dovuti dalla datrice di lavoro, per il periodo intercorso fra il licenziamento e la reintegra, ancorchè i fatti di causa avessero preceduto la modifica dell'art. 18 cit., attraverso la L. 11 maggio 1990, n. 108, art. 1. Essi erano inoltre dovuti nel foro importo intero ossia senza che una quota parte dovesse gravare sul lavoratore ai sensi della L. 4 aprile 1552, n. 218, art. 19, (riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti): infatti l'art. 23, comma 1, di questa legge imponeva l'intero ammontare dei contributi al datore di lavoro, che non avesse "provveduto al pagamento entro i limiti stabiliti", e ciò si era verificato nel caso di specie, in cui il pagamento era avvenuto non alla scadenza bensì solo dopo la sentenza suddetta.
Contro questa decisione ricorre per cassazione la BANCA A, succeduta alla BANCA B, mentre il T. resiste con controricorso. Memoria del ricorrente.
 
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico motivo la ricorrente lamenta la violazione della L. n. 300 del 1970, art. 18, modif. dalla L. n. 108 del 1990, art. 1, L. n. 218 del 1952, artt. 19 e 23, e vizi di motivazione. Dette norme andrebbero interpretate nei senso che il lavoratore reintegrato per ordine giudiziale a seguito di illegittimo licenziamento debba ottenere io stesso trattamento che gli sarebbe spettato in caso di fisiologico svolgimento del rapporto; egli dovrebbe perciò pagare i contributi previdenziali solo nella quota a lui spettante. Decidendo in senso contrario, ossia imponendo al datore di lavoro l'intera contribuzione, la Corte d'appello avrebbe determinato un risarcimento superiore al danno subito dal lavoratore, senza che il datore potesse considerarsi inadempiente.
Il motivo non è fondato.
La L. n. 218 del 1952, art. 19, confermando l'art. 2115 c.c., impone la contribuzione previdenziale tanto al datore quanto al prestatore di lavoro, dichiara il primo responsabile del pagamento anche per la parte a carico del secondo ed autorizza la trattenuta di questa parte sulla retribuzione. A queste regole il successivo art. 23, pone un'eccezione per l'ipotesi in cui H datore non provveda al pagamento dei contributi "entro il termine stabilito": in tal caso egli è tenuto al pagamento "tanto per la quota a proprio carico quanto per quella a carico dei lavoratori".
Che poi la contribuzione sia dovutacene per il periodo in cui il lavoratore non abbia potuto rendere le proprie prestazioni perchè illegittimamente licenziate, è stabilito dalla L. n. 300 del 1990, art. 18, nel testo modificato dalla L. n. 108 del 1990, art. 1, quest'ultimo da applicare anche per il tempo anteriore alla sua entrata in vigore, secondo quanto deciso dalle Sezioni unite di questa Corte con sentenza 5 luglio 2007 n. 15143.
Ciò premesso, il quesito che la ricorrente sottopone a questa Corte è se l'art. 23 cit. debba applicarsi anche nel caso in cui il ritardo nel pagamento dei contributi sia dipeso da un licenziamento illegittimo, seguito da sentenza accertativa dell'illegittimità e ordinante la reintegrazione del lavoratore nel suo posto.
La sentenza impugnata ha dato esattamente risposta positiva al quesito, giacchè, come questa Corte ha già affermate, l'art. 23, può non trovare applicazione solo quando il ritardo non sia imputabile al datore (Cass. 30 dicembre 1992 n. 13735 e 11 luglio 2000 n. 9198) e nell'ipotesi qui in esame il datore di lavoro, attraverso il licenziamento illegittimo, è incorso in un illecito contrattuale, di cui deve sopportare le conseguenze sia sul piano risarcitorio ai sensi dell'art. 18 cit. sia sul piano punitivo ai sensi del ripetuto art. 23.
Nella previsione contenuta nel primo comma di questo articolo, che trasferisce l'obbligo di pagare una parte dei contributi da uno ad altro soggetto, dev'essere ravvisata una pena privata, giustificata dall'intento del legislatore di rafforzare il vincolo obbligatorio attraverso la comminatoria, per il caso di inadempimento, di un pagamento di importo superiore all'ammontare del mero risarcimenti del danno.
Rigettato il ricorso, le incertezze interpretative che hanno dato luogo alla sopra richiamata sentenza delle Sezioni unite giustificano la compensazione delle spese.
 
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.