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Cassazione Civile, Sez. lavoro, 26 febbraio 2008, n. 5045
domenica 25 maggio 2008 - Pubblicazione a cura di Angela Lorusso

La richiesta di impugnazione dinanzi all'arbitro unico, in base al contratto quadro 32.1.2001, di sanzione disciplinare non risolutiva del rapporto formulata oltre il termine di venti giorni dall'applicazione della sanzione stessa non vincola l'amministrazione. Essa tuttavia, pur non avendone l'obbligo, può aderirvi, esercitando le capacità e i poteri del privato datore di lavoro (art. 5 D.Lgs. n. 165/2001). Pertanto, se a fronte di tale richiesta l'amministrazione accetta che venga avviato e si concluda il procedimento di nomina dell'arbitro ai sensi dell'art. 3 ccnq, la stessa non può più successivamente sollevare, nel corso del procedimento arbitrale, l'eccezione di tardività dell'impugnazione per mancato rispetto da parte del lavoratore del termine di venti giorni, poiché ciò equivarrebbe ad una non più ammissibile revoca del consenso già prestato (v. art. 3, commi 2 e 3 del contratto quadro).

CASSAZIONE CIVILE, SEZ. LAVORO, 26 febbraio 2008, n. 5045
 
IANNIRUBERTO Giuseppe - Presidente
CURCURUTO Filippo - Estensore
PATRONE Ignazio - P.M.
A. S. c. MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
 
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. A. S., dipendente del Ministero della Giustizia, ha impugnato dinanzi all'arbitro unico, in base alle previsioni del Contratto collettivo nazionale quadro 23 gennaio 2001, in materia di procedure di conciliazione e arbitrato ai sensi del D.Lgs. n. 29 del 1993, artt. 59 bis, 69 e 69 bis, nonchè dell'art. 412 ter c.p.c., la sanzione disciplinare della sospensione di giorni cinque dal lavoro e dallo stipendio, irrogatagli dall'Amministrazione.
2. In accoglimento di specifica eccezione del Ministero, l'impugnazione è stata dichiarata inammissibile dall'arbitro, per la tardivita del ricorso, proposto oltre il termine di venti giorni previsto dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 56, e dall'art. 7, dello Statuto dei lavoratori.
3. Il ricorso dell'A. S. al Tribunale di Bologna avverso il lodo è stato rigettato sul rilievo che il mancato rispetto del termine sopraindicato - la cui vigenza era stata accertata dalle parti con apposito accordo di interpretazione autentica - era provato in base alla notifica del provvedimento di applicazione della sanzione, e che la tardività dell'impugnazione poteva e doveva esser rilevata dall'arbitro, essendo stata eccepita dalla controparte.
4. A. S. ha impugnato la sentenza con ricorso fondato su un unico articolato motivo.
5. L'Amministrazione intimata ha depositato atto di costituzione.
 
MOTIVI DELLA DECISIONE
6. Con l'unico motivo di ricorso sono denunziate inadeguatezza e incongruità della motivazione. Violazione di legge ed errata applicazione di norme di legge (art. 2067 c.c., e art. 24 CCNQ 23 gennaio 2001, art. 1. Ipotesi di accordo 13 novembre 2001, relativa all'art. 6 del CCNQ cit., D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 59 e 66, L. n. 300 del 1970, art. 7; art. 140 c.p.c.; L. n. 241 del 1990, artt. 1335, 1175, 1366, 1375 c.c.). Genericità ed insufficienza della motivazione.
7. Si addebita alla sentenza impugnata: di aver ritenuto tardiva l'impugnazione della sanzione, senza considerare che essa era invece tempestiva, tenendo conto della data nella quale, non avendolo potuto fare prima a causa di malattia, il ricorrente aveva ritirato la raccomandata che gli dava notizia della sanzione; di aver ritenuto perentorio il termine di 20 giorni previsto dalla L. n. 300 del 1970, art. 7, per il valido ricorso alla procedura arbitrale; di aver omesso di considerare che l'eccezione di tardività, formulata dall'amministrazione dopo oltre quattro mesi dall'inizio del procedimento arbitrale, non poteva esser ritenuta proponibile dopo che entrambe le parti avevano accettato la procedura, con rinunzia da parte dell'amministrazione, per comportamento concludente, a far valere l'inosservanza del termine in questione.
8. La Corte giudica fondata l'ultima delle riferite censure, con conseguente assorbimento delle altre.
8.1. L'art. 2, del Contratto collettivo nazionale quadro 23 gennaio 2001 in materia di procedure di conciliazione e arbitrato ai sensi del D.Lgs. n. 29 del 1993, artt. 59 bis, 69 e 69 bis, nonchè dell'art. 412 ter c.p.c., (d'ora innanzi: il contratto quadro) la cui rubrica reca, significativamente, la dizione, "Facoltatività dell'arbitrato", stabilisce, per quanto interessa, che "Restando fermo il ricorso all'autorità giudiziaria ordinaria, le parti possono concordare, in alternativa, di deferire la controversia ad un arbitro scelto di comune accordo". 8.2. Il principio del carattere volontario dell'arbitrato è attuato, essenzialmente, con il successivo art. 3, comma 2, del contratto, che consente liberamente a ciascuna delle parti "di revocare il consenso ad attivare la procedura" sino alla designazione dell'arbitro mediante sorteggio. Esso trova poi conferma nelle previsioni del comma 3, dell'art. in esame, sulla rinunzia all'arbitrato conseguente ad un secondo rifiuto consecutivo di una delle parti di accettare l'arbitro sorteggiato. Anche nel corso del giudizio arbitrale, infine, il principio richiamato trova ulteriore convalida dalla disciplina della mancata preventiva accettazione dell'eventuale decisione dell'arbitro in materia di efficacia, validità o interpretazione di una clausola di un contratto o accordo collettivo nazionale: il rifiuto opera infatti come causa di estinzione del procedimento, secondo quanto previsto dall'art. 4, comma 9, del contratto quadro.
8.3. L'art. 6 del cit. contratto, pur richiamando, nella prima parte del primo comma, il principio della impugnabilità di tali sanzioni secondo quanto previsto nell'art. 2, attenua la portata della libera revocabilità del consenso alla procedura arbitrale, disponendo (con una clausola da intendere quale espressione di accettazione preventiva del compromesso arbitrale e, in tali sensi, non contrastante con il principio della non obbligatorietà dell'arbitrato) che nella materia in questione la richiesta di ricorso all'arbitro unico da parte del lavoratore è vincolante per la pubblica amministrazione, salvo che si riferisca a sanzioni risolutive del rapporto.
8.4. L'art. 6 cit., consente anche l'impugnazione delle sanzioni dinanzi ai collegi arbitrali di disciplina contemplati nel D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 59, commi 8 e 9, (ora D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55) peraltro con le medesime regole dello stesso CCNQ. Dinanzi a tali Collegi, secondo il cit. art. 59, comma 7, l'impugnazione può esser proposta entro venti giorni dall'applicazione della sanzione.
Il medesimo termine vale per l'impugnazione delle sanzioni disciplinari dinanzi ai collegi di conciliazione previsti dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 66, (operanti, peraltro, solo in assenza di procedure di conciliazione e arbitrato regolate dai contratti collettivi nazionali) in conseguenza del richiamo alle modalità e agli effetti di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 7, commi 6 e 7, operato dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 56, che disciplina l'impugnazione delle sanzioni dinanzi a detti collegi.
8.5. In tale situazione, le parti collettive, a fronte di "richieste di chiarimenti in merito al termine per l'impugnazione delle sanzioni disciplinari di fronte all'arbitro istituito dal citato CCNQ" hanno ritenuto necessaria l'interpretazione autentica dell'art. 6 del CCNQ. Pertanto sottoscrivendo il 13 novembre 2001 l'"Ipotesi di accordo sulla interpretazione autentica dell'art. 6, comma 1, del contratto collettivo quadro in materia di procedure di conciliazione ed arbitrato ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 56, 65 e 66, nonchè dell'art. 421 ter c.p.c.", esse hanno convenuto che: "L'art. 6 del CCNQ del 23.1.2001 non modifica il termine di impugnazione delle sanzioni disciplinari in caso di ricorso alle procedure arbitrali, sia di fronte all'arbitro unico che di fronte ai collegi arbitrali di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55, commi 8 e 9. Tale termine rimane pertanto di 20 giorni dall'applicazione della sanzione così come previsto dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55, comma 7, e dalla L. n. 300 del 1970, art. 7, comma 6". 8.6. Quindi, l'art. 6 del contratto - quadro con la norma risultante dal comma 1, prima proposizione, che fa richiamo all'impugnabilità delle sanzioni dinanzi all'arbitro unico, e dal comma 2, sulla vincolatività della richiesta di arbitrato, attribuisce al lavoratore una facoltà, mentre l'art. 1, dell'accordo di interpretazione autentica limita la facoltà così attribuita imponendo che essa venga esercitata entro 20 giorni dall'applicazione della sanzione.
Alla facoltà del lavoratore corrisponde la situazione di soggezione dell'amministrazione alla scelta della controparte. Alla limitazione di tale facoltà fa riscontro l'integrale ripristino del potere dell'amministrazione, in assenza del presupposto indicato, di aderire o no alla richiesta di arbitrato, secondo il principio già messo in rilievo, di assoluta libertà delle parti nella scelta della via arbitrale, come alternativa alla giurisdizione.
8.7. La conseguenza è che una richiesta di impugnazione, dinanzi all'arbitro unico, in base al contratto quadro, di sanzione disciplinare non risolutiva del rapporto di lavoro, formulata oltre il termine di 20 giorni dalla applicazione della sanzione stessa, non vincola l'amministrazione. Quest'ultima tuttavia, pur non avendone l'obbligo può aderirvi, esercitando le capacità e i poteri del privato datore di lavoro conferitile (ora) dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 5. Quindi, se a fronte di siffatta richiesta l'amministrazione accetta che venga avviato e si concluda il procedimento di nomina dell'arbitro a norma dell'art. 3, del menzionato contratto quadro (come è incontroverso che sia avvenuto nella specie) essa non può successivamente sollevare in alcun momento della procedura arbitrale l'eccezione di tardività per mancato rispetto da parte del lavoratore del menzionato termine di 20 giorni perchè ciò equivarrebbe ad una non più ammissibile (v. art. 3, commi 2 e 3, del cit. CCNQ) revoca del consenso già prestato.
8.8. Sulla base di tale principio, il ricorso va accolto con rinvio della causa al giudice di merito, per un nuovo esame. Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
 
P. Q. M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, al Tribunale di Bologna, in diversa composizione.