Cassazione Penale, Sez. IV, Sent. 30/04/2008, n.17750
giovedì 22 maggio 2008 - Pubblicazione a cura di
Vendita di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione - Nello specifico si configura il reato di cui alla lettera b) della L. 30 aprile 1962, n. 283, art. 5 perchè mantenute in stato di non buona conservazione sotto il profilo igienico-sanitario per cui vi è pericolo della loro contaminazione ed alterazione.
Vendita di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione - Nello specifico si configura il reato di cui alla lettera b) della L. 30 aprile 1962, n. 283, art. 5 perchè mantenute in stato di non buona conservazione sotto il profilo igienico-sanitario per cui vi è pericolo della loro contaminazione ed alterazione.
Vendita di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione - Nello specifico si configura il reato di cui alla lettera b) della L. 30 aprile 1962, n. 283, art. 5 perchè mantenute in stato di non buona conservazione sotto il profilo igienico-sanitario per cui vi è pericolo della loro contaminazione ed alterazione.
Vendita di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione - Nello specifico si configura il reato di cui alla lettera b) della L. 30 aprile 1962, n. 283, art. 5 perchè mantenute in stato di non buona conservazione sotto il profilo igienico-sanitario per cui vi è pericolo della loro contaminazione ed alterazione
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
P.A. propone ricorso per Cassazione avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Mondovì, giudicando in sede di rinvio a seguito di annullamento della sentenza con la quale il P. era stato assolto dal reato di detenzione per la vendita di alimenti con elevata carica batterica, riqualificando l'originaria imputazione ex L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. B), lo condannava alla pena di Euro 2000,00 di ammenda.
Il Tribunale, nel provvedimento censurato, riteneva che il fatto descritto nel capo di imputazione poteva trovare una esatta qualificazione giuridica nella L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. B) che faceva riferimento alle sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione la cui natura di reato di pericolo presunto non esige un previo accertamento della commestibilità dell'alimento nè il verificarsi di un danno alla salute del consumatore. Con riferimento alla eccezione di inutilizzabilità dei verbali delle analisi, sollevata dalla difesa con riferimento all'art. 223 disp. coord. c.p.p., il giudicante dava atto che il primo giudice, dopo avere espunto dal fascicolo dibattimentale i predetti atti, aveva assunto in qualità di teste ex art. 507 c.p.p., l'autrice dei predetti accertamenti e che in ogni caso, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, l'avviso in questione poteva anche essere formulato oralmente.
Con il primo motivo il P. lamenta la mancanza di motivazione del provvedimento impugnato, limitandosi il giudice del rinvio ad enunciare il principio di diritto pronunciato dalla S.C. in sede di annullamento, affermando apoditticamente la responsabilità del prevenuto, senza neanche menzionare gli elementi probatori utilizzati per la decisione.
Con il secondo motivo, si duole della violazione di legge con riferimento all'art. 223 disp. coord. c.p.p. e art. 431 c.p.p., sostenendo che il giudicante nel disattendere l'eccezione di inutilizzabilità delle risultanze dei verbali dell'ARPA, autrice degli accertamenti, non avrebbe tenuto conto che i verbali delle analisi erano stati espunti dal giudice di primo grado all'udienza del 10.4.2000 e non vi erano più rientrati, con la conseguenza che le relative risultanze non erano più utilizzabili. Nè in tal senso potrebbero avere rilevanza le dichiarazioni rese dalla teste Pi. (la quale aveva materialmente provveduto all'esecuzione di dette analisi), escussa ex art. 507 c.p.p., non avendo la stessa fornito la prova della avvenuta ricezione del telegramma con il quale l'interessato era stato avvisato del giorno e dell'ora in cui le analisi sarebbero state eseguite.
Il ricorso è manifestamente infondato.
Non è dubitabile la detenzione degli alimenti mal conservati, siccome dimostrato, secondo la ricostruzione operata dal giudice di rinvio, dalla deposizione del funzionario che ha proceduto agli accertamenti.
Ciò che risolve ogni problema di tenuta logico-giuridica della motivazione della sentenza di condanna anche con assorbente valenza rispetto alle doglianze afferenti le modalità di esecuzione delle analisi proprio perchè si verte in ipotesi di violazione della L. n. 283 del 1962, art. 5, lettera b).
Va ricordato, infatti, che il reato di cui alla L. 30 aprile 1962, n. 283, art. 5, lettera b), che vieta la vendita, la detenzione per la vendita, la somministrazione e la distribuzione per il consumo di sostanze alimentari "in cattivo stato di conservazione", non si riferisce, a differenza delle ipotesi previste nelle successive lettere c) e d), alle sostanze alimentari "già" viziate ed alterate, ma a quelle "mal conservate", e cioè mantenute in stato di non buona conservazione sotto il profilo igienico-sanitario per cui vi è pericolo della loro contaminazione ed alterazione. Ne consegue che l'inosservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie intese a garantire la buona conservazione del prodotto è di per sè sufficiente ad integrare detta contravvenzione, giacchè, trattandosi di reato di pericolo presunto, non si esige, per la sua configurabilità, un previo accertamento sulla commestibilità dell'alimento, nè il verificarsi di un danno per la salute del consumatore (di recente, Sezione 3, 13 novembre 2007, Li Manni).
Ne discende che, ai fini della configurabilità del reato de quo, la prova del cattivo stato di conservazione può essere data anche mediante testimonianze dirette e qualificate. Infatti, la L. n. 283 del 1962, in tema di tutela della salute pubblica, non pone a carico dell'autorità sanitaria l'obbligo di procedere ad ispezioni e prelievi di campioni di sostanze destinate all'alimentazione, ma le attribuisce soltanto il potere di sottoporre ad esami ed analisi i campioni prelevati e le merci sequestrate, qualora ciò sia necessario ed opportuno. Ne consegue che, ai fini dell'accertamento dello stato di conservazione degli alimenti detenuti per la vendita, non sono indispensabili nè un'analisi di laboratorio, nè una perizia, essendo consentito al giudice di merito di pervenire egualmente al detto risultato attraverso altri elementi di prova, quali le testimonianze di soggetti addetti alla vigilanza, allorchè lo stato di cattiva conservazione sia palese e quindi rilevabile da una semplice ispezione (Sezione 3, 28 giugno 2007, Lepori).
Da ciò deriva che nessun rilievo può avere per farne discendere l'incongruità e l'insufficienza della decisione di condanna, ogni questione afferente le modalità di effettuazione delle analisi.
Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa del ricorrente (v. sentenza Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186), consegue la condanna del medesimo al pagamento delle spese del procedimento e di una somma, che congruamente si determina in Euro mille, in favore della Cassa delle ammende.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
|